di Luigi Ciavarella

San Marco in Lamis, lunedì 29 maggio 2017 - Le canzoni di Lucio Battisti il suo universo e il sodalizio con Mogol sono state le protagoniste di una serata a dir poco memorabile, ieri sera al teatro Giannone. Una serata particolare, vissuta tutta sul filo di una emozione crescente, come peraltro preannunciato in locandina, che ha coinvolto un numeroso pubblico. Merito dei due protagonisti della serata, il giovane maestro Michelangelo Martino e Anna Siani, entrambi impegnati a sostenere, ciascuno in ruoli diversi, il peso di una performance per nulla semplice date le dimensioni dell’evento.

Infatti interpretare Mogol-Battisti per quando possa apparire scontato – dato il clamoroso successo ottenuto e lo strascico dei ricordi che ha comportato – in realtà non lo è affatto poiché la loro musica, e la scrittura, fondamentale, che tende al racconto da parte di Mogol, abbisognano di più livelli interpretativi per essere compresa. Vi sono due aspetti dell’arte cantautorale di Lucio Battisti- Mogol. Il primo riguarda gli inizi, di cui Anna Siani ha ben evidenziato, che fa riferimento al 68, l’anno che ha sconvolto più di un’anima pura, e che troviamo a vario titolo nella prima parte della sua carriera con canzoni che tendono a inserirsi nel flusso della contemporaneità; e ve ne sono altre, scritte a partire dai primi anni 70 (da Pensieri e parole, per intenderci), che, sulla scorta di una nuova visione compositiva, favorita dalla nascita della loro etichetta personale, liberano la loro creatività in maniera sorprendente. Con le conseguenze che la canzone italiana a partire da quel momento, grazie al loro contributo, produce una cesura tra passato e presente. Insomma la musica leggera italiana a partire da quel momento non sarà più la stessa.

Quindi due momenti diversi della storia musicale di Lucio Battisti che nel corso della serata sono emersi chiaramente, con due fasi distinte, con i loro picchi artistici sia attraverso la coralità armoniosa del Coro Polifonico che dalla voce dei solisti. Nel secondo caso sono emerse alcune potenzialità significative. Il timbro e l’espressività di Romolo Bruno, per esempio, hanno fornito una interpretazione più decisa e personale alla canzone di Battisti, cogliendo forse l’aspetto più peculiare della sua natura: la ricerca della melodia come bellezza interiore. Allo stesso modo hanno fatto seguire Sara Ciancetta, brava nell’interpretare i due brani che il cantante rietino scrisse per Mina, e Andrea Simone Palumbo, sicuramente molto più versatile rispetto ai compagni.

A ciò si aggiungano i musicisti alcuni dei quali provenienti dai Faberi come Giuseppe Tancredi e Pietro Giuliani, cresciuti molto in questi ultimi tempi, come pure Michele Gravino al flauto e la violinista Antonella Cirelli, entrambi molto bravi a disegnare preziose linee melodiche. Non da meno il corpo ritmico formato da Tommaso Pio Bevilacqua e Antonio Savino impegnati a dare il loro contributo attraverso un suono di sostegno molto efficace. Indispensabile invece la tromba di Antonio Carretta, soprattutto nei brani soul di Lucio (Mi ritorni in mente e Fiori rosa fiori di pesca, etc. per esempio).

Insomma una bella serata, vibrante e generosa, rivolta alle canzoni di Lucio Battisti con le quali molte generazioni, a partire dalla nostra che quella cascata di emozioni le ha vissute in diretta, si sono nutrite per alimentare nel tempo i loro sogni e le loro speranze di vita migliore.

Luigi Ciavarella.  

 

Foto (Michele Centola)