Antonio Del Vecchio

San Marco in Lamis, giovedì 22 giugno 2017 -  La “scuola di Barbiana “ di Don Lorenzo Milani vive ancora ed è attuale, nonostante la prematura morte del ‘maestro’ ed educatore e  i decenni trascorsi. Lo è forse di più per le nuove divisioni e povertà che avanzano nel mondo globale, dove gli ultimi sembrano essere sempre più ultimi ed emarginati. Per rendersene conto , basta guardare agli immigrati sfruttati non solo dai moderni schiavisti e caporali, ma  anche da quegli stessi che dovrebbero prendersi cura di loro.

 Tanto vale anche per tanti altri  italiani, giovani, disoccupati, precari e cassintegrati, ridotti ormai alla fame.   Ed è a questa pessimistica conclusione che si è giunti all’incontro su ‘Il futuro possibile”, svoltosi l’altra sera nell’Auditorium della Biblioteca Comunale di San Marco in Lamis, di fronte ad una platea di pubblico selezionato ed attento. A promuovere l’iniziativa, resa attualissima, ci ha pensato, dopo il recente intervento di Papa Francesco sul tema, la Fraternità del Convento Santuario di San Matteo, col patrocinio del Comune. Dopo l’ampia e sollecitatrice relazione introduttiva di Raffaele Fino, emerito docente di Lettere alle Superiori e diretto testimone ed emulo di siffatta pratica educativa, ha preso il via l’approfondimento con due veri e propri mattatori di eccezione.

Il riferimento è a Antonio Daniele, avvocato di lungo corso, da qualche tempo attivamente impegnato sui temi della promozione della cultura ad ampio raggio sul territorio e Paolo Cascavilla, docente di Italiano e Latino nei Licei, politico e amministratore pubblico, nonché autore di romanzi e saggi ispirati alle tematiche sociali. Non per niente, quest’ultimo è stato invitato appositamente, quale approfondito conoscitore  della figura e del pensiero di Don Milani, grazie al suo volume “Colloquio di don Lorenzo con la madre”, in vetrina da poco per i tipi di Morlacchi editore di Perugia. Daniele dal canto suo, dopo aver toccato ad uno ad uno i temi cari alla pedagogia di Don Milani: la liberazione dalla ignoranza e dai pregiudizi, la crescita della propria autonomia e libertà, la ribellione all’ingiustizia, il rispetto dell’uomo e della sua dignità, il no alle guerre, ecc.  si sofferma, tra l’altro, ad elogiare i valori  del cosiddetto vangelo ‘vissuto’ e non predicato.

Quindi, mette in rilievo  il pensiero e la filosofia  di Don Milani, <Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati ed oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri>. Le grandi intuizioni emergono – afferma ancora in proposito Daniele -  proprio nelle situazioni limite, quando si ha il coraggio di andare controcorrente, di smarcarsi dalle convenzioni sociali, di porre in discussione l'ordine costituito”. Infine, riferisce con più appropriatezza , il concetto di giustizia legale che ha in proposito Don MilanI che quasi mai coincide con quello dei giudici.

Il Cascavilla, commentando il suo libro, vanta l’insegnamento educativo lasciatoci da Don Milani che avrebbe fatto nascere, a suo dire, nel cuore dei montanari di Barbiana un indistruttibile tempio “ una Chiesa vera e viva, riempita di sentimenti, vita e cuore. Un modo povero di costruire un tempio che nessuno distruggerà”. E ciò a differenza dei templi di pietra costretti a cadere per via delle intemperie, dell’usura e dei terremoti. Riferendosi, sempre al libro, fa propri i giudizi espressi dal prefatore P. Guerra:  Nel chiuso di una stanza una madre (Alice Weiss) e un figlio (Lorenzo Milani) dialogano e discutono sulle scelte di una vita e sui grandi temi dell’esistenza: l’amore, l’uguaglianza, la dignità, la giustizia, la coerenza, il tradimento.

Ma è soprattutto  sulla politica, la scuola, la Chiesa che la discussione assume toni appassionati e di forte attualità. Un dialogo sincero e vero attraversato dal filo dei ricordi familiari, dalle immagini ancora vive della guerra, dalla malattia e dalla consapevolezza di avere seminato provocazione e contraddizioni. Condivide ed evidenzia, poi le parole umili di Don Milani:  “ Non sono stato un santo. Non mi sono preoccupato di essere simpatico. Ho amato quelli che mi erano vicino con tutta l’anima. Ad essi ho dato l’anima, tutto quello che avevo, tutto ciò che sentivo, tutto ciò che conoscevo”. Si dice, infine, d’accordo anche lui nel definire la sua opera sul grande sacerdote “sono in dialogo davanti alla storia, davanti alle vicende cruciali di un periodo particolarmente delicato e colmo di segnali di rinnovamento e innovazioni che non tutti hanno saputo cogliere”.

Insomma sta nell’umanizzazione delle Istituzioni, la validità dell’insegnamento di Don Milani e il futuro possibile per le nuove e prossime generazioni.  Da evidenziare che tra l’una e l’altra relazione, oltre alle pause contrassegnate dalla lettura di alcuni passi scelti tratte dalle opere di Don Milani (compresa la famosa Lettera alla professoressa) tenute da alcuni giovani alunni, si sono succeduti ai microfoni: Meriligia Nardella, assessore comunale alla Cultura, Padre Gaetano Iacobucci, Ofm, Guardiano del Convento-Santuario di San Matteo,  accompagnato per l’occasione dal direttore della Biblioteca, P.Mario Villani

 

N.B. Le foto sono di Luigi Ciavarella