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a cura di Nicola M. Spagnoli

Roma, lunedì 22 maggio 2017 -  Continuiamo a trattare dischi progressive solo perche’ con questo genere le copertine, fra la fine degli anni ’60 e gli inizi dei ’70, hanno subito, in positivo, una vera e propria rivoluzione, una svolta estetica che abbandonava la solita foto dell’artista o degli artisti piu’ o meno aggiustata e andava invece alla ricerca di qualcosa di nuovo, a volte aggrappandosi all’arte dei musei, specie quella contemporanea, a volta addirittura a quella classica. Purtroppo ci sono stati veri e propri capolavori che sono passati inosservati per traversie e motivi diversi e quindi dimenticati, altri riscoperti e alcuni diventati veri e propri oggetti di culto… battuti nelle aste.

 Uno dei gioielli rock dei ’70 e’ certamente questo disco dei Cervello, purtroppo loro unico e luminoso episodio ma essenziale per capire la scena Prog di quell’inizio decennio quando Napoli Centrale, Osanna, Nova,  Sorrenti, Esposito, Uno, Citta’ Frontale, Saint Just, Luna, Balletto di Bronzo, la scena napoletana insomma, diede uno imprevisto scossone alla musica italiana e non solo. Il disco e’ un concept con chiari riferimenti alla musica mediterranea soprattutto dell’antica Grecia, madre di Palepolis e difatti in greco melos vuol dire canto ma inteso come espressione lirica dell’essere e tutti i brani a questo si riferiscono come l’iniziale Canto del Capro o Euterpe e appunto Melos.

Non solo nei testi pero’ anche nelle melodie oniriche sottolineate da ben quattro flauti, chitarre acustiche e xilofoni ed un’aerea vocalita’ quella del compianto Gianluigi di Franco che ebbe poi notorieta’ nella Calimba de luna espositana, le atmosfere che appaiono ad ogni inizio bucoliche presto, in quasi ogni brano, si trasformano in rock duro, gli assoli free di chitarra elettrica e sax  non possono non ricordare il Lizard crimsoniano anche se e’ lodevole il tentativo di staccarsi dei modelli anglosassoni per creare una musica totale che contenga tutti gli elementi possibili, contemporanea insomma. Insomma un risultato complesso e difficile ancora oggi ad un ascolto poco attento ma certamente suggestivo e coinvolgente. Mancano del tutto le tastiere anche se qua e la qualche altro strumento similare, dicono dovuto al particolare suono del basso di Antonio Spagnolo, specie nei momenti pastorali e nell’accompagno di cori medievaleggianti, par di sentirlo.

Solisti superbi che si amalgano e fondono in un suono complesso da godere appieno solo dopo innumerevoli ascolti, e forse per questo non assimilati dal pubblico dell’epoca che diede poco riscontro a questo eccellente lavoro, tanto da costringere i nostri Corrado Rustici, fratello di Danilo degli Osanna, chitarra, flauto e xilofono, Giulio D’Ambrosio, sax e flauto e Remigio Esposito alla batteria e vibrafono, ad emigrare altrove. Anche l’artwork fu particolare, considerata ancora oggi fra le migliori di Cesare Montalbetti, in arte  Caesar Monti, anche se di suo si ricordano sempre e solo quelle di Lucio Battisti, specie quella de Il mio canto libero, della Premiata Forneria Marconi  (specie Storia di un minuto) e del Banco del Mutuo Soccorso (dal salvadanaio a Darwin a Io sono nato Libero) certamente piu’ popolari e quindi note.

All’inizio dei ’70 molte piccole etichette, ricordiamo la Numero Uno, la Cramps, la Trident, la Produttori Associati, la Polygram, l'Ascolto, l'Ultima Spiaggia, si affidarono a Monti che rivoluziono’ in pratica la maniera di fare copertine in Italia e il loro successo in parte e’ proprio dovuto a lui, oltre naturalmente alla novita’ delle proposte musicali fino ad interessare la RCA, la EMI e la CBS. Monti era tornato da non molto dagli Usa,  dove aveva collaborato con la Rolling Stones records e realizzato il libro e le mostra The Hero e quindi ecco che qui troviamo una riproposizione del famoso barattolo Campbell di Andy Warhol ma elaborato in una maniera del tutto originale e particolare. 

Un barattolo di pelati  e una mano che lo apre (foto 1), un collage da un ospizio per artisti che si apre e che mostra, a mo’ di finestra, sulla porta un quadro di un anziano in carrozzella di spalle (quadro della moglie Wanda Spinello) e, avvolti in domopack come un prodotto commestibile, i nostri del Cervello (foto 2). Su tutto il retro di copertina invece domina la foto di piselli sbucciati (foto 3!). Certo Cesare non fece solo questa di copertina apribile, il discutibile cesso di Hunka Munka era dell’anno precedente cosi’ come il pastiche al pomodoro del primo album solista di Alberto Radius, e la pluriporta anch’essa apribile del terzo disco del Banco appena successiva come la cover degli AlberoMotore ricavata da questo quadro collage o quella dei meno prog Flora Fauna & Cemento.

Certo l’arte di Monti non puo’ racchiudersi in una etichetta, se minimalista sono stati il fiammifero del primo album di Edoardo Bennato ed alcune copertine di Battisti, pop, nel senso di PopArt molti altri (Area, Museo Rosenbach, Formula tre etc.) erano solo fotografici (DeAndre’, Fossati, Finardi, Branduardi etc. etc.), concettuali altri ancora (Equipe 84, N.T.Atomic System, Biglietto per l’Inferno), riuscite molte…alcune non del tutto.

                                                                                                  

  Nicola Maria Spagnoli

 

 Foto 1

 

 

Foto 2

 

 

Foto 3