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Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, lunedì 16 maggio 2016 -  Potrà sembrare strano ma in America quando si giustizia qualcuno sono precisi. Altrimenti il detenuto condannato a morte potrebbe soffrire più del dovuto (ma in fondo non è quello che si vuole?) La dose che viene iniettata nel corpo del condannato deve essere giusta. Adesso la Pfizer, un’industria farmaceutica tra le più grandi del mondo, rinuncia alla fornitura di iniezioni letali utilizzate negli Stati Uniti per eseguire le condanne a morte. 

Diciamo subito che la vicenda non è chiara: inizialmente la Pfizer aveva dichiarato che ritirava i composti per mettere fine ai condannati a morte, poiché bisognava rivedere le dosi che venivano iniettate.

 Una dose maggiore o minore del dovuto ha… effetti collaterali: il giustiziato potrebbe soffrire molto, prima di morire.

 Successivamente la casa farmaceutica in oggetto ha dichiarato che ritirava i suoi “farmaci” poiché le medicine servono per salvare le vite e non per uccidere. Ma il problema comunque per gli Stati Uniti non è tale: le condanne a morte le eseguiranno ugualmente, ci sono altre case addette a questi prodotti e poi hanno a disposizione camere a gas e sedie elettriche.

 La Pfizer non ancora decide se… è pro-life oppure pro after-life. Come tanti, forse come tutti.

 Non tutti siamo certi se giustiziare (e non uccidere, attenzione!!!) sia giusto o sbagliato. In Cina il discorso è diverso, si giustiziano i detenuti con un colpo di pistola alla testa, per azzerare la sofferenza, anche se poi il proiettile usato viene destinato a famigliari del condannato a morte… per il rimborso spese(?!)

 Oppure la Pfizer è stata “messa alla porta” dalle autorità statunitensi poiché le loro medicine per giustiziare non funzionavano più. Nel senso che invece di far morire i condannati quei farmaci li facevano rivivere.

 Avete presente quando il governatore di qualche Stato americano annuncia: “L’esecuzione del detenuto n. 234 prevista per domani alle ore 5:00 è stata procrastinata a data de definire”. Tutto questo non succede perché ci sono i comitati anti pena di morte che hanno protestato per mesi contro quella esecuzione, oppure perché il pappa si è affacciato ancora una volta dalla finestra per dire no alle condanne a morte.

 Ma perché i farmaci per mettere fine alla detenzione di quei condannati… non uccidono, ma rinvigoriscono i condannati stessi, dopo essere stati stesi sul lettino della morte.

 Dopo che il prelato ha letto il sermone di rito al condannato a morte, lo stesso viene disteso sul letto e subito vengono iniettate le tre fiale che servono per mettere fine alla sua vita. Ma succede qualcosa di strano: il condannato non muore, anzi… ringiovanisce. Il condannato a morte diventa più giovane appena scorrono nelle sue vene le flebo della Pfizer che dovevano farlo morire.

 “E’ ringiovanito? E allora non possiamo condannarlo a questa età, dobbiamo aspettare che ritorni dell’età giusta per giustiziarlo, sembra che sia ritornato indietro di 20 anni”, dice il direttore del carcere.

Della stessa idea è il governatore di quello Sato: “E allora non possiamo giustiziarlo così giovane, deve restare in carcere almeno 20 anni, deve soffrire e poi giustiziarlo”.

 Lo stesso fenomeno si ripete ogni volta che un condannato a morte viene sottoposto alle sostanze “omicide” della Pfizer: tutti ringiovaniscono e nessuno muore.

 Richiamati dal responsabile del carcere, quelli della casa farmaceutica che non riescono ad uccidere chi deve morire, vengono rimproverati: “Non siete più capaci di svolgere il vostro compito di boia!! Non ci vendete mica fiale scadute?? Vedete che se ci sono proteste da parte dei comitati pro-pena-di-morte, poi sarete voi a dare spiegazioni”.

 “Signor direttore del carcere dove sono rinchiusi quelli che devono morire, non sappiamo nemmeno noi cosa succede, i medicinali sono sempre quelli, dosati sempre allo stesso modo. Non sappiamo perchè invece di uccidere fanno ringiovanire i… morituri”, si giustifica il direttore della Pfizer.

 E a chi dobbiamo chiederlo, a quelli che fanno medicinali che fanno guarire gli ammalati? Forse loro sanno come funzionano queste cose”, continua a redarguire il direttore del carcere a quello della casa farmaceutica non più pro-morte.

 “Facciamo così: un altro tentativo, fateci eseguire un’altra condanna a morte e poi si vede cosa fare”, propone il direttore della Pfizer.

 E così si aspetta la successiva esecuzione. E puntualmente arriva. Le tre dosi vengono iniettate nelle braccia del condannato a morte di turno ma, ancora una volta, invece di morire il condannato ringiovanisce. Ma non di 20 anni come era avvenuto con gli altri condannati, ma di tutta la sua vita: diventa un neonato, sembrava appena uscito dall’utero della madre.

 A quel punto il governatore di quello Stato americano decide che la Pfizer doveva assolutamente lasciare quell’incarico. Non solo, ma anche pagare i danni morali e di immagine(??!!) provocati a quella prigione, non più considerata all’altezza della situazione.

 La Pfizer a quel punto decise di donare quelle fiale non più favorevoli alla morte bensì alla vita, alle popolazioni africane, dove la mortalità infantile ha percentuali molto alte.

 Lì le “fiale della morte” sarebbero diventate dei… multivitaminici che condanneranno le popolazioni africane a vivere!!!

  

                                                                         Mario Ciro Ciavarella