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Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, domenica 12 aprile 2015 -  Siamo giunti al punto che la scala sociale della povertà ma soprattutto dell’affidabilità umana, possa passare anche attraverso classificazioni razziste. Come dire: ci si può fidare di più di un nero, di un rumeno, di un albanese oppure di un italiano, in periodo di crisi?  In pratica chi merita di più la nostra considerazione e quindi anche il nostro aiuto economico?? Difficile quesito. È come dire chi è più simpatico Pippo o Paperino? Oppure, quale delle Tre Grazie era la più bella? O se vogliamo, quale dei quattro Vangeli è il più attendibile? Sempre più difficile. Ma a rispondere a domande del genere, e mettere ordine a certe classificazioni, ci ha pensato un rumeno di Viterbo.

  Il quale non ricevendo quasi nulla come mancia, dopo aver pulito i parabrezza alle auto in sosta ai semafori con il rosso, il lavavetri decise di cambiare… nazionalità, anzi: continente. Diventando… nero.

 Sì, il rumeno decise di diventare… africano. Poiché gli africani che lavorano ai semafori lavando i parabrezza alle auto in sosta… guadagnano di più. non perché sono più bravi ma perché sono più affidabili, socialmente meno pericoloso, in pratica più commiserevoli.

 E così il nostro Gheorghe, lo chiameremo così il rumeno che non beccava più un centesimo agli incroci della città di Viterbo, decise di truccarsi… da nero, giunto direttamente dal continente africano.

 Inizia il trucco di Gheorghe: si trucca con la pece le mani, le braccia, il viso, anche i capelli se li tinge di nero, anche l’interno delle orecchie di nero, nelle narici una passata di pece nera, il collo fino al petto tutto nero.

 Il nostro… ex rumeno Gheorghe è pronto per pulire come dio comanda tutte le auto che si fermeranno all’incrocio dove lui lavora. Non più con la voglia… lenta lenta di un rumeno, ma con quella energetica e forte di un nero del continente nero, che più nero non si può!!

 E anche il nome deve essere forte e deciso, non più Gheorghe, ma un nome d’arte più impegnativo: Kunta Kinte.

 In modo che, presentandosi agli automobilisti con i parabrezza sporchi, il nostro africano di… Bucarest, possa presentarsi in modo autoritario e perentorio: “Kunta Kinte, piacere, dove passa la mia mazza, nessun parabrezza si annacqua”

 Lo slogan c’era, anche se non era molto convincente. Al posto di niente: quando era rumeno non diceva nulla. Si buttava sul cofano delle auto ferme davanti ai semafori e puliva con una spugnetta il parabrezza alla meglio. E fino a quando l’automobilista non si degnava di dargli almeno 50 centesimi, l’ex Gheorghe dal cofano non scendeva.

 Ma adesso con la nuova gestione… africana, tutta cambierà. Nessuna prepotenza di stampo rumeno, ma solo cortesia e lavoro ben fatto dalla nuova identità di Gheorghe: il pulitore… mascherato con la pece, Kunta Kinte!!!

 E Kunta Kinte si presenta al suo primo giorno di lavoro al suo solito semaforo della città di Viterbo.

 Si ferma la prima macchina al rosso del semaforo. Il lavavetri Kunta si avvicina con la mazza alla cui estremità c’è una spugnetta nuova di zecca: gestione nuova, spugnetta nuova. Bisogna essere coerenti.

 L’automobilista di quella macchina ferma al semaforo vede un nuovo operaio… lavandaio e si incuriosice

 “Scusi, ma dov’è Gheorghe, il ragazzo rumeno che lavorava qui a questo incrocio?”

 “È andato a terra sua, Romania, qui in Italia non mangiare, non bere, solo lavare vetri di auto e guadagnare fesseria. Niente guadagno, è andato via a casa sua”, spiegò il falso africano all’automobilista viterbese.

 “Mi dispiace, e adesso ci sei tu al suo posto?”, chiese l’automobilista

 “Sì, adesso io gestire pulizia vetri di questo incrocio. Ma io essere nero, grande lavoratore, grande forza e niente rubare macchina tua quando essere ferma a incrocio”, lo rassicurò il Kunta Kinte… de noantri.

 “Va bene, se vuoi, pulisci il parabrezza della mia auto e ti do qualche spicciolo”, disse lo stesso automobilista.

 Il falso africano di Viterbo inizia a pulire quel parabrezza come non aveva mai fatto in vita sua. Lo passò e ripassò con quello spazzolone improvvisato, per decine di volte. Che nemmeno Mastro Lindo in persona sarebbe riuscito a farlo diventare così pulito e trasparente.

 L’automobilista in attesa che uscisse il verde per ripartire, assisteva a quel lavaggio che quasi quasi sembrava fatto da un supereroe.

 Ma lo sforzo fatto dall’africano… rumeno ottenne uno strano risultato. Vuoi lo sforzo sovrumano, vuoi la giornata calda, ma il trucco della pece nera, piano piano … svanì.

 Il viso truccato con la pece, riprese… colore, e il rumeno che era in lui e anche sopra la sua pelle, rivenne fuori.

 L’automobilista assistendo a quella strana trasformazione, pensò che in effetti davanti a lui c’era… un supereroe!! Una specie di incredibile Hulk… casereccio: non diventava verde dal rosa, ma diventava rosa dal nero.

 Va be’… comunque un fatto straordinario. A quella trasformazione l’automobilista cercò di capire di che supereroe si poteva trattare.

 “Superman non è, è troppo magro. Uno dei fantastici 4 nemmeno, non somiglia a nessuno dei 4. L’uomo ragno no, è pulito da ragnatele. Ma quale supereroe può essere?”, si interrogava l’automobilista viterbese.

 L’ormai ex Kunta Kinte e il “di-nuovo” Ghoerghe, stava ritornando… alle origini. Si avvicinò all’automobilista e gli disse chiaramente chi fosse.

 “Ma sono io Gheoghe, il rumeno lavavetri, l’originale. Non mi riconosci?”, chiese il redivivo rumeno.

 L’automobilista si avvicinò al parabrezza per capire meglio chi fosse quel signore che proprio un supereroe non era. E allora capì.

 “Nooo. Un italianoo, adesso anche gli italiani si sono messi a rubare il mestiere agli stranieri. Vai via razzista di un italiano. Ma come ti permetti di togliere il pane di bocca a degli extracomunitari o comunque stranieri”, lo sgridò l’automobilista dal’interno dell’auto.

 “Ma no!! sono Gheorghe, il rumeno originale”.

 Non riuscì nemmeno a finire la frase, che l’automobilista scappò… passando con il rosso.

 Gheorghe decise di lasciare l’Italia e ritornò in Romania. Lì continuò a fare il lavavetri. Ma travestendosi… da italiano. Così nessuno poteva dire che un rumeno rubava il lavoro… ad un altro rumeno.

                                                     

                                                                        Mario Ciro Ciavarella