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Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, domenica 19 giugno 2016 -  Gli antichi avevano ragione: la nostra vita biologica deve essere regolata dalla natura. Mai opporsi. Ma seguirla e trarne tutti i vantaggi. Quindi, alzarsi presto e andare a letto altrettanto. Non per niente anche noi umani ne facciamo parte, siamo solo gli ultimi arrivati in ordine cronologico, e abbiamo detto a tutto il creato come regolarsi (addirittura!!!). Prendendoci spesso autorità che non ci appartengono: comandare tutto il resto. Però, meno male che ogni tanto qualcuno si sveglia (all’alba) e  cerca di rimettere le cose al loro posto. Come creato… creò!!

 Il sindaco di un paese della provincia di Aosta, Fénis, il signor Mattia Nicoletta ha deciso che, prima di dedicarsi ai suoi cittadini (gli umani), si deve dedicare alla natura.

 E quindi riceve come primo cittadino i suoi concittadini, alle 4,30 del mattino!!! Avete capito bene: riceve i suoi cittadini all’alba!!! Dopo deve andare nei campi per orti e frutteti. Evidentemente questi ultimi sono più interessanti delle tante richiese che un sindaco normalmente riceve dagli abitanti del suo paese.

 A quelli che va di lusso vengono ricevuti intorno alle 6,30. Non oltre. Anche perchè, dice il sindaco: “Questo è un paese agricolo e quindi come io vado per i campi la mattina presto, anche gli altri penso che facciano come me: prima dal sindaco a chiedere e poi in campagna a lavorare la terra”.

 Quindi anche i matrimoni con rito civile dovrebbero essere celebrati… di notte o quasi.

 Vicino al portone chiuso del comune attendono alcune persone: è un matrimonio da celebrare nel municipio di Fénis. Gli sposi, i testimoni e alcuni parenti che non vedono l’ora… di andare a dormire.

 Eh, sì! Perché sono le 3 del mattino e aspettano pazientemente che il sindaco vada ad aprire per essere dichiarati marito e moglie. E poi tutti a nanna. Si festeggerà di sera. Tutti sanno che il sindaco è un primo cittadino… a chilometri zero. È quasi un agriturismo mobile. Pensa solo ed esclusivamente alla natura, sua e degli altri.

 Gli sposi sono nel municipio con gli anelli in mano pronti per essere infilati nel dito dell’altro. Ma il sonno degli sposi non viene retto bene. L’anello di lui viene infilato su un candelabro appoggiato sulla scrivania del primo cittadino, l’anello di lei infilato nel dito del sindaco mentre cerca di tenere le mani degli sposi il più vicino possibile.

 Il trucco della sposa con un po’ di sforzo le chiude le palpebre e continua a cadere entrando nella bocca spalancata della stessa mentre sta tentando di dire: “Prendo te come mio sposo…”

 La cintura dei pantaloni dello sposo, addormentata anche lei, cade in un letargo quinquennale essendo di pelle d’orso. Tirandosi in giù i pantaloni dello sposo, il quale non si accorge di nulla e continua a dire: ”Vuoi tu essere mia moglie nella buona e nella cattiva sorte…”

 I testimoni si tengono appoggiati l’uno all’altro con le spalle, diventando così testimoni a loro insaputa di un matrimonio. Le damigelle vengono tenute sulle braccia dei genitori, mentre il mazzolin di fiori che hanno in mano non ha più senso di esistere: è già stato destinato in un portafiori cimiteriale. (Anche i fiori nella loro breve vita… si scocciano).

 Il sindaco ha ormai terminato il rito civile del matrimonio e sta per dire: “Vi dichiaro marito e moglie”, ma tutti i presenti sono distesi sulle sedie e il messo comunale non vede l’ora di chiudere il municipio per riaprirlo il giorno dopo sempre alle 4,30; così può andare a dormire pure lui.

 Ormai nell’ufficio del sindaco non c’è più segno di vita: il sonno regna su tutti i presenti. Il sindaco esce dal municipio e lascia un messaggio agli sposi e compagnia bella lì presente.

 “Quando vi svegliate, vi invito a venire in campagna da me, festeggiamo lì il vostro matrimonio e poi tutti nei campi: il servizio che vi ho offerto me lo ripagherete venendo insieme a me… a mietere il grano”.

 

                                                                            Mario Ciro Ciavarella