Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, venerdì 22 settembre 2017 - Pur di cercare la via del sacro, si pensa di fare di tutto. O di rubare qualche filo di lino addirittura della Sindone, oppure di aver avuto quel prezioso materiale sindonico attraverso conoscenze “trasversali”. La Sindone di tanto in tanto fa parlare di sé. Questa volta non in negativo (negando la “sacralità” del sacro tessuto), ma avendo ancora una volta la prova che quel lenzuolo avvolse il corpo di Cristo.
Il problema è che una dichiarazione del genere deve essere fatta da chi di dovere, e non da “improvvisati” ricercatori del sacro. Anche se questi ultimi hanno confermato che un corpo martoriato è stato adagiato su quel lenzuolo. E questa affermazione è stata fatta da Giulio Fanti, del dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, e Jean-Pierre Laude, dell’azienda francese Horiba Jobin-Yvon, specializzata in tecniche di analisi.
Quindi, due esimi studiosi del settore chimico. I due hanno riscontrato la presenza di biliverdina, identificata tra le fibre della Sindone grazie alla tecnica della spettroscopia Raman, che riconosce la struttura delle molecole, come fosse una sorta di impronta digitale. La biliverdina viene prodotta dalla degradazione dell’eme, un componente di proteine di sangue e muscoli.
Sostanza che si aggiunge alle già scoperte creatinina e di una proteina presente in molti tessuti, come la ferritina. Più di questo la scienza non può fare, manca solo il nome di quella persona senza vita che è stata avvolta in quel sudario.
Ma adesso viene il bello! Chiedono da Torino i sindologi ufficiali come monsignor Giuseppe Ghiberti e il professor Bruno Barberis, dove è stato preso il lembo di lino della Sindone? Ufficialmente i prelievi vennero fatti solo in due occasioni: nel 1978 e nel 1988. E si è sicuri che nemmeno un filo di quel tessuto è stato perduto o rubato durante i suddetti tagli effettuati sulla Sindone.
Anche se i due ricercatori, Fanti e Laude, sono di parere favorevole, nel senso che anche loro hanno constatato che quel sangue era di una persona sofferente prima di morire. A Torino tutto ciò non viene considerato attendibile. Come dire: se lo diciamo noi di Torino è un discorso, se lo dicono gli altri il discorso cambia!
Ora, qui non si tratta di chi dice cosa, ma si tratta semplicemente che entrambe le “scuole di pensiero”, Padova e Torino dicono la stessa cosa. Quindi perché discutere più di tanto?
I ricercatori di Padova non vogliono nel modo più assoluto dire come si ritrovano tra le mani e sotto i microscopi quei frammenti di lino, e allora viene anche un altro dubbio: e se quei piccolissimi e sottilissimi fili, i ricercatori li hanno presi da un’altra parte?
Sempre in ambito sacro. Magari non proprio dalla Sindone ma da un altro capo come il mandylion? Questo fazzoletto che “completa” la Sindone non fa parte del corredo funerario di Gesù, nel senso che non ci è giunto insieme alla Sindone, ma sembra che sia stato disperso. Oppure si dice che sia conservato a Genova , Roma o a Manoppello in Abruzzo.
Il mandylion era un fazzoletto che si appoggiava sul viso del defunto prima di essere avvolto nel lenzuolo funerario. E quindi su quel capo rimaneva tutto ciò che c’era sul viso del defunto fino a poco prima di morire. Nel caso di Gesù sul suo viso c’era senza dubbio molto sangue per le ferite aperte sul capo provocate dalla corona di spine.
Volete vedere che i due studiosi “apocrifi” di Padova sono in possesso di questo fazzoletto sacro sul quale hanno riscontrato le stesse sostanze organiche rinvenute anche sulla Sindone dagli studiosi di Torino?
Sarebbe una notizia clamorosa almeno quanto quella su come la Sindone sia arrivata fino a noi dopo duemila anni. Una cosa è certa: i prelievi fatti come detto prima con relativi pezzettini di lembo tagliati dalla Sindone venero spediti alle università di Oxford, Tucson e Zurigo. Il controllo rigoroso e scientifico non lascia nessun dubbio.
E quindi, Giulio Fanti e Jean-Pierre Laude come fanno ad asserire di aver studiato quel lembo di Sindone se loro non ce l’hanno? Avranno qualcosa di molto simile…
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Mario Ciro Ciavarella