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di Antonio Daniele

San Marco in Lamis, domenica 26 novembre 2017 -  In questi giorni in cui inizia il frenetico acquisto per le festività natalizie, emergono con maggiore chiarezza le nuove piazze del tempo moderno. Con scritte gigantesche ci avvisano che sono aperti tutti i giorni, feriale o festivo, per soddisfare il bisogno dell’acquisto e di un luogo per passare il tempo. Mi ha sempre impressionato la scritta, APERTI LA DOMENICA, che ci induce a non pensare la settimana a 6 giorni per poi riposarsi e dare spazio ad altre forme di socializzazione che una sana comunità dovrebbe avere.

 Forse farebbero bene le parrocchie a scrivere a caratteri cubitali, APERTI SOPRATTUTTO LA DOMENICA. Sarebbe un modo per richiamare il tempo del riposo, dell’attesa, dell’incontro, dello spazio per la preghiera, in poche parole per ritrovarsi con sé stessi e con gli affetti più cari. I vescovi italiani da tempo richiamano al senso della Domenica. Per la verità non soltanto come giorno dedicato al Signore, ma anche come tempo per rinsaldare i rapporti per trovare lo spazio necessario per le buone relazioni, per rinvigorirsi nell’attesa di una nuova settimana di fatica.

Non di rado, capita spesso, che si arriva al lunedì più stanchi del venerdì. Si enfatizza il week-end, si perde il senso del tempo. Di recente, alla Settimana Sociale, i vescovi italiani hanno rimarcato il giusto equilibrio tra azione e contemplazione. Tra lavoro e riposo. L’uomo è fatto per essere trascendente. Anche se non credente, la sua vita sale verso il mistero, che per noi credenti ha un volto quello di Gesù che si fa presente nell’eucaristia domenicale per donarci nuova vita. L’uomo non è solo calcolo economico. Alcune grandi aziende hanno sperimentato che dando giusto rapporto tra lavoro e riposo, l’uomo “produce” meglio e di più.

Sul piano sociale, rubandoci la domenica, ci rubano un modo d'essere uomini e ne propongono un altro finalizzato al profitto di pochi. Infatti, la domenica, intesa come giorno del riposo e della gratuità, ci garantisce, come singoli e come comunità che le relazioni umane non si riducono a quelle economiche e che l'uomo non è solo ciò che produce. In questa Domenica, in cui la Chiesa vive la solennità di Cristo Re dell’universo, e chiude l’anno liturgico, diamo spazio necessario al tempo dell’attesa che si fa incontro con la vita in una comunità che essa stessa diventa corpo di Cristo, per vedere il povero, il carcerato, il forestiero, il sofferente della porta accanto.