Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, lunedì 18 marzo 2019 - “Le parole sono importanti!!!” gridava in uno dei suoi film Nanni Moretti. Rimproverando un altro protagonista del film, asserendo che chi parla male, vive male. Poiché non ha voglia di cercare le parole giuste! Forse, ma non sempre è così: altrimenti nessuno capirebbe nulla di quello che diciamo. Considerato che quasi tutti “non parliamo bene”. Non  abbiamo il tempo materiale di cercare i termini più efficaci per farci capire.

 Ma ci limitiamo, per mancanza di tempo, a cercare le frasi più semplici ed efficaci. Altrimenti ogni discorso diventerebbe un trattato di semantica e di ermeneutica.

Infatti, è da ben 63 anni che una lettera senza né capo e né coda (e quindi un pensiero inconcludente) è facilmente riconoscibile e comprensibile benissimo da tutti.

È la lettera che Totò detta a Peppino De Filippo nel film “Totò, Peppino e la Malafemmina” del 1956. Lettera con la quale i due zii cercano di convincere la “malafemmina” di lasciar perdere il loro nipote poiché “è uno studente che studia e che deve tenere la testa al solito posto, cioè sul collo”.Più chiaro di così!!

Cosa potevano dire due zii del sud allarmati da un nipote che stava prendendo una “brutta via”? Potevano forse dire: “Senta, illustre ragazza del nord, noi siamo del sud, e quindi non  “mischiamo” le nostre usanze. Ognuno si deve prendere la propria genia”.

Anche quando cercano di corrompere la “malafemmina” lo fanno in un modo molto pratico: facendo “vedere”, scrivendo sulla lettera, che le offrivano 700mila lire per “rilasciare” (come se fosse un ostaggio) il caro studente-nipote.       

“Perché dovete lasciare nostro nipote, che gli zii che siamo noi, medesimo di persona; vi mandano questo (alzando il pacchetto con le mani, come se nella lettera si vedesse il gesto…), perchè il giovanotto e' uno studente che studia, che si deve prendere una laura...”

E qui siamo nell’ambito della corruzione poiché gli zii sono del sud?? Io penso di no. Nel contesto era un modo molto pratico e veloce per accontentare sempre la “malafemmina” a rilasciare il cuore del ragazzo-nipote dei fratelli Caponi.

Infatti non è una risposta ad un “ricatto” che di fatto non c’è. La decisione di “regalare” 700mila lire alla soubrette fidanzata del nipote, è uno sforzo tale, fatto dai fratelli Caponi (che sono loro), da non pensare nemmeno che quell’anno c’è stata una “moria delle vacche”.

E quindi, sacrifici su sacrifici pur di riconquistare il corpo (e soprattutto la mente) del caro nipote in trasferta a Milano. I fratelli Caponi non sanno scrivere (e nemmeno parlare), ma in quel caso si sono fatti capire bene!!

Alla “malafemmina” il messaggio è arrivato: lascia perdere quel giovanotto poiché ha già chi gli vuole bene, e cioè: la mamma, gli zii (che sono sempre loro), “la laura che si deve prendere” e forse anche il mezzadro confinante Mezzacapa, al quale i due (che sono sempre loro) gli hanno rotto  il vetro di una finestra. È in pratica un’azione protettiva, mirata ad un futuro migliore del nipote.

In pratica, ci siamo capiti: “una parola è poca e due sono troppe”, “è la somma che fa il totale”, “passiamo dalla parte del ragionier Casoria”, “al mio paese questo si chiama peculato”, “lei è un cretino si informi”, “la donna è mobile e io sono un mobiliere”, “per avere una grazia da san Gennaro bisogna parlargli da uomo a uomo”, “il coraggio ce l’ho è la paura che mi frega”, c’è chi può e chi non può: io può”

Più chiaro di così!!!

Mario Ciro Ciavarella Aurelio