Mario Ciro Ciavarella Aurelio

  San Marco in Lamis, martedì 30 aprile 2019Di resurrezioni ce ne possono essere di diversi generi. C’è quella più famosa: Cristo che risorge dalla morte e ritorna tra gli uomini, per poi ascendere al Cielo. Ci sono poi resurrezioni solo dello spirito: persone che cambiano vita dopo, magari, fatti anche traumatici, che danno a questa gente, nuova linfa vitale, facendo vedere il mondo con occhi diversi.

 E da qualche anno c’è una resurrezione che forse era meglio se non fosse avvenuta: quella dei “Los 33”. I trentatre minatori cileni che per 69 giorni, nel 2010, vissero intrappolati nella miniera d’oro di San Josè. La loro è stata una resurrezione a tempo… determinato.

Sono stati tratti in salvo da una profondità di 700 metri, ma qualche tempo dopo, le loro vite non è state migliori di quando erano lì sotto. Dopo il salvataggio sono stati protagonisti di parecchie trasmissioni televisive e la loro storia è diventata anche un film.

Ma da un po’ di tempo non ci sono più notizie di questo gruppo di ex minatori. Quasi tutti sono disoccupati, soprattutto per il fatto di non riuscire più a lavorare come minatori, per il trauma subito a causa di quell’incidente. E di conseguenza non riescono a trovare altri posti di lavoro: la loro mente non è più lucida come una volta, e alcuni di loro hanno problemi mentali.

“Forse era meglio rimanere lì sotto”, dicono alcuni di questo gruppo. Almeno lì erano vivi mentalmente. Rivogliono quel buio e quella solitudine fatta di lunghe camminate lungo i cunicoli di quella miniera. Almeno i passi che facevano tutti i giorni per rimanere in attività li facevano sentire vivi.

Questa strana resurrezione non riuscita, non è consona a quella di tante altre persone che sono riuscite a salvarsi, venendo tratte in salvo da pozzi e cavità simili. Come è ovvio che sia. Riuscire a sopravvivere ad eventi straordinari come essere sepolti vivi in una miniera, è un fatto miracoloso che solo una resurrezione laica può coronare.

Però, in questo caso rivedere la luce del sole e riabbracciare amici e parenti, ha sortito l’effetto contrario: una voglia strana di “voler ritornare indietro”. Un impossibile viaggio di ritorno che nemmeno un fatto soprannaturale potrebbe esaudire.

Di alcuni di questi sopravvissuti si sono letteralmente perse le tracce. Di altri sappiamo che si sono curati in centri di igiene mentale, e solo pochi vivono le loro vite come persone “normali”. È stata, questa, una resurrezione parziale: chi si è salvato completamente, chi per nulla, e chi forse è in attesa di salvataggio mentale e spirituale.

Le resurrezioni degli uomini seguono dei percorsi diversi da quella di Cristo: in quel caso tutto è stato salvato, corpo e spirito. Quando tocca agli uomini cercare la via per riscattare la propria vita, tutto può essere più complicato. Dipende dall’ambiente in cui viviamo, e anche dalla casualità che deve voltare il suo viso benevole e sorridente verso di noi.

Se per assurdo alcuni di questi 33 ormai ex minatori potessero ritornare indietro, rifacendosi seppellire vivi in quella stessa miniera da dove vennero tratti in salvo, forse il loro istinto di sopravvivenza li avrebbe adattati a vivere in modo consono in quell’ambiente.

E anche con menomazioni gravi come la vista non più efficace come una volta e una mente non più così “umana”, avrebbero vissuto forse meglio la loro condizione, che dopo il salvataggio non ha avuto l’effetto sperato: vita ottimale e forse migliore di quella “precedente”.

La loro resurrezione terrena non ha sortito l’effetto sperato. Le resurrezioni perfette sono solo quelle che avvengono dopo appena tre giorni. Tutte le altre servono per continuare e cercare di vivere un po’ meglio di prima.

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio