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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, giovedì 25 luglio 2019 -  Il presente articolo non è adatto alla lettura dei minorenni. Poiché ci sono termini poco adatti a ragazzini che potrebbero urtare la loro sensibilità nel leggere parole poco inerenti alla loro età. “Signori miei, una violenza carnale con fellatio può essere interrotta con un piccolo morso. Tutti e quattro avrebbero incautamente abbandonato nella bocca della loro vittima il membro, parte che per antonomasia viene definita delicata dell'uomo”.

“E su cui, mi si consenta, il coito orale si compie con una funzione che è tecnicamente qualificata, e che esprime una serie di atti voluti”.

 “Lì il possesso è stato esercitato dalla ragazza sui maschi, dalla femmina sui maschi. È lei che prende, è lei che è parte attiva, sono loro passivi, inermi, abbandonati, nelle fauci avide di costei!”

 Queste sono alcune delle frasi dette dall’avocato Giorgio Zeppieri come avvocato difensore di quattro uomini che violentarono una certa Fiorella (nella foto), di 18 anni di Latina (il cognome non venne reso noto). Alla fine del processo i quattro accusati vennero condannati, ma nessuno andò in carcere.

 Fiorella chiese solo una lira come risarcimento danni, ma la legge quantificò il danno morale e materiale della ragazza in 2 milioni di lire.

 Questo è stato uno “strano” processo. Trasmesso in tv su Rai 2 nel 1979 con il titolo, appunto “Processo per stupro”. Strano, perché la ragazza conosceva benissimo uno dei quattro stupratori, il quale la invitò e lei accettò, di andare in una villa privata per discutere di un’offerta di lavoro.

 Ed è da questo particolare che inizia a dipanarsi questo caso giudiziario. Poichè Fiorella era fidanzata, come mai, si chiesero gli avvocati difensori degli accusati, decise “appartarsi” con un amico in una villa? E poi, la ragazza dichiarò, appunto, di essere stata stuprata, ma i segni di violenza sul suo corpo dove stanno?

 Come si può ben capire il dilemma giudiziario parte con alcuni  interrogativi. In pratica, la difesa voleva arrivare al punto che quelle relazioni sessuali tra la ragazza e il gruppo selvaggio erano consenzienti!!  Per dirla in breve

 È sempre difficile capire dove si trovi la linea di confine tra ragione e torto, quando si parla di argomenti del genere. Come si fa a decidere se quella violenza è stata subita o indotta? Personalmente conoscendo questa storia ho subito “tifato” per la ragazza.

 Ma un giudice come fa a non sbagliare nel giudicare una situazione molto complessa e senza dubbio sul filo del rasoio della decenza? Come può una ragazza di 18 ani mettersi sotto i riflettori di alcune telecamere in una sala di un tribunale, inventandosi una bugia?

 Si deve andare a scovare nelle coscienze della gente, è l’unico modo per venirne a capo. Il giudice deve leggere dentro gli animi dei protagonisti di storie del genere. E non soffermasi alle sole parole degli avvocati delle due parti.

 Prove oggettive in questi casi non ce ne sono: una parola contro l’altra. Anche perché non c’è l’ombra di un testimone. Si deve andare a rigor di logica soltanto a guardare e scrutare gli sguardi dei protagonisti di questa vicenda.  

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio