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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, mercoledì 28 agosto 2019 -  Oltre vent’anni fa vidi per caso in tv un film in bianco e nero, un documentario dove sembrava che non ci fosse una trama ben precisa,  ma che raccoglieva vari momenti di vita di alcuni paesi del Sud Italia. Si assistevano a momenti molto popolari dove si vedevano tante donne anziane vestite di nero e altrettanti bimbi che correvano nudi.

Ad un certo punto ascoltai un dialogo tra due donne anziane con chiaro accento sammarcherse (lo potete ascoltare nel file che allego al minuto uno). Il fatto mi incuriosì non poco: ma cosa ci fanno delle comparse sammarchesi che appaiono per pochi secondi in un film? Continuando a guardare il film venne inquadrata anche la segnaletica stradale dove dice “San Marco in Lamis”, sembrava un segnale di un’antichità impressionante, ormai era chiaro che quel film venne girato anche da noi.

Presi il giornale con i programmi televisivi e lessi che il film si intitolava “L’antimiracolo” (1965) di  Elio Piccon. Gli attori sono non professionisti,  più comparse che attori. La pellicola è interessante e venne girata soprattutto tra il lago di Lesina e San Nicandro Garganico. È una chiara denuncia sociale su come il Sud Italia sia rimasto arretrato non poco, considerando che siamo nel 1965. Una summa dei “Vinti” di verghiana memoria, guarda caso anche qui la storia è di pescatori, che vivono in mondo arcaico e quasi magico.

Che il miracolo economico degli anni ’60, dalle nostre parti non ancora arrivasse, è messo bene in evidenza in tutta la struttura narrativa del film. I dialoghi sono pochissimi, la gente è muta, non sa cosa dire, come non sa cosa mangiare tutti i giorni.

Un approccio di trama lo possiamo riscontrare nella storia di due pescatori che cercano di sopravvivere combattendo contro la natura: il primo intende costruirsi una nuova barca con la quale cercherà di aprirsi, all'interno della laguna, invasa dalle alghe, una "strada" per poter pescare. Però il suo destino sarà crudele: sotto il sole, immerso nel fango perderà la vita annegando. Il secondo pescatore tenta di cambiare la sua vita in un modo che appare quasi assurdo: cerca di costruire un campo  nella laguna. Dopo un duro lavoro il piccolo campo emerge dall'acqua. Però un destino tragico si abbatte su di lui: i temporali stagionali arrivano puntuali come ogni anno e in un solo giorno il campo viene distrutto.

Sembra una battaglia inutile come quella che il capitano Achab fece contro Moby Dick. Sfidare la Natura che ha creato altre “divinità” come pesci enormi, temporali improvvisi e soli che accecano. I “vinti” garganici nulla sanno di quelli che abitano dall’altra parte dell’Italia: quella del Nord. Forse pensano che anche lì la natura è matrigna con quelle popolazioni.

Un’arcaicità meridionale che ci ha contraddistinti ancora per alcuni decenni. Poi qualcosa cambiò, ma il mondo ancestrale della natura, dalle nostre parti ci fa ricordare che il Meridione è stato spesso considerato “una specie  a parte”. Un altro mondo ancora da capire. E sapere se possiamo considerarci uguali a quelli che vivono da Roma in su.

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio