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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, domenica 17 novembre 2019 - Sapevamo dell’esistenza della sindrome di Stendhal, ma non pensavamo che le sindromi psico-visive potessero prendere il nome da altri artisti. La “Fondazione Ambulanza dei Desideri” è un gruppo di volontari olandesi che realizza le ultime volontà dei malati terminali portandoli in ambulanza nei luoghi che hanno amato nel corso della loro vita.

La sindrome di Stendhal è una affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione, e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza. Invece le sindromi “appena scoperte” hanno esiti contrari: i pazienti ormai in stato quasi di coma, davanti alle opere d’arte… stanno meglio, si riprendono anche se non in modo definitivo. Molti vogliono vedere le opere di Rembrandt.

Come se fosse un’eutanasia… alternativa, non una dolce morte, ma una morte molto più dolce e visivamente straordinaria: poetica, sentimentale, sicuramente con un sorriso sulle labbra. Come se quell’opera d’arte fosse entrata nelle anime dei pazienti terminali, per toccarle, prelevarle e accompagnarle dove dio ha deciso.

Cosa spinge tanti di questi pazienti che ci stanno anticipando nel varcare La Porta dello Spavento Estremo, nel decidere, oltre che vedere per l’ultima volta non solo i parenti più stretti, ma anche opere scaturire dall’animo umano? Probabilmente la materia che hanno visto ed usato quotidianamente non basta più, nel momento in cui ci avviciniamo al mistero assoluto. La parte spirituale di noi prende il sopravvento. È come se la materia stesse svanendo piano piano. La nostra pelle, il nostro sangue, le nostre ossa stiano assumendo una forma non definita, astratta.

E davanti a dio porteremo tutto ciò che abbiamo amato senza possedere: un’opera d’arte, una poesia, un libro… tutto ciò che non è stato nostro come proprietà, ma lo è stato poiché vissuto, fin dentro le nostre ossa. Dio ci chiederà quando saremo al suo cospetto: “Anima appena arrivata, cosa mi dici, cosa hai potuto apprezzare della terra da dove sei appena partito?”  

E ognuno di noi mostrerà le proprie lacrime, nelle quali saranno visibili quadri, statue, musiche. In ogni lacrima ci sarà un’opera d’arte a noi piaciuta. Vedremo intere Divine Commedie rinchiuse in una semplice lacrima. E noi davanti a dio a  recitare a memoria tutta l’opera di Dante. Soffrendo quando raccontiamo l’Inferno e godendo quando spieghiamo il Paradiso. Senza sguardi quando recitiamo il Purgatorio.

Oppure in un’altra lacrima ci sarà La Pietà di Michelangelo, e noi a spiegare a dio come Michelangelo fece quella statua straordinaria. Spiegare le venature di quel marmo perfetto: perfezione della natura e dell’uomo nel plasmarla. Svenarsi per far piacere anche a dio quello che è piaciuto a noi quando eravamo tra i vivi. E quasi scusarsi con lui per questa perfezione dell’artista italiano: un artista che sfidò dio nel creare.

In un’altra lacrima ci sarà la musica di “Love Story”. Dove le note sono tralicci di note monumentali, circondati da spine velenose, belle da ascoltare, ma dolorose da vivere. Dove la morte della protagonista è da spartiacque tra l’amore vissuto e quello che poteva essere.

 Ecco perché molti di noi, nel momento del saluto estremo vogliono fare… un pieno di spirito. Per compiacere dio, per aver creato anche ciò che la morte non può uccidere. L’Arte! 

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio