Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, mercoledì 20 maggio 2020 -  “Serie di colpetti a salve per impiego da strada tipica di San Severo". È questa la definizione ufficiale delle “batterie” (fuochi pirotecnici) che caratterizzano le feste, soprattutto quella della Madonna del Soccorso di San Severo. E lo dice il Ministero dell’Interno con una delibera del 2003.

Quindi, è tutto regolare e ufficializzato dal Governo. Anche se dobbiamo dirlo: ogni volta che vediamo i “fuienti” che si lanciano letteralmente verso i fuochi d’artificio della città pugliese, qualche dubbio viene, sul perché c’è questa esibizione di muscoli contro i “cicioni”, e difficilmente si trova un perché.

Andare incontro ai fuochi d’artificio non è un’esclusiva dei sanseveresi, ma anche a Valencia (Spagna) c’è qualcosa di simile chiamate “mascletás”. Si sente il gusto di correre il rischio, come se ci fosse un affidamento materno da parte di questi fedeli che pregano la Madonna del Soccorso.

E come prima volta, c’è addirittura un documento che risale al 1707, in cui spicca l'invito rivolto dal clero parrocchiale di San Severino alla congregazione dei Morti al fine di «sollennizzare la festa di essa Santissima Pietà nell'ultima Domenica di Maggio […] “co' ogni pompa possibile per maggior' aumento, e devotione di essa Santissima Vergine, con sparatorii”.

Però, già da qualche centinaia di anni prima, anche senza nessun documento scritto, c’erano fuochi d’artificio a San Severo in onore alla Madonna e dei Santi compatroni della città, San Severino e San Severo. La tradizione è ben radicata nel tempo.

Personalmente penso che quando si mette insieme sacro e profano, poi difficilmente se ne viene accapo come raziocinio. È quasi impossibile trovare un perché a dei festeggiamenti durante i quali si rischia anche la vita. Forse con questi atti propiziatori, si cerca di allontanare la morte, come dire: io sfido la morte, protetto dalla Madonna del Soccorso, e tu morte fammi vedere quanto vali.

Sarebbe interessante che gli antropologi dicessero la loro, su questo modo di intendere la fede o comunque su qualcosa che vada oltre il materialismo. Nelle culture occidentali sono rari casi del genere, mentre in quelli che non ci appartengono, come cultura prettamente europea, è più facile trovare dei riti simili.

Come quello della camminata sul carboni ardenti. In questo caso non si tratta di un rito religioso, ma di un passaggio di appartenenza dall’adolescenza all’età adulta. Il fuoco come si può ben vedere, è spesso vicino agli atti degli uomini. Come l’acqua, che viene usata per battezzare nuove vite appena nate.

Anche noi sammarchesi usiamo il fuoco delle Fracchie per accompagnare la Madonna alla ricerca del Figlio morto. Con significati diversi, il nostro fuoco è da individuare in un contesto più antropologico: con il fuoco si purifica l’aria fredda dell’inverno, per dare il benvenuto alla primavera. Al nuovo che arriva, come la Pasqua cristiana: da quel momento nasce un nuovo modo di concepire la vita.

Il fuoco di San Severo è difficile da catalogare, oltre alle ipotesi fatte sopra. Forse non lo sanno nemmeno loro il perché di quelle corse vicino ai petardi, oltre ad avere fede nella Madonna loro protettrice. E a volte basta forse solo quella: la fede. Poi il resto viene da solo…


Mario Ciro Ciavarella Aurelio