Stampa 

 Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, sabato 30 maggio 2020 -  Nessuno poteva pensare che prima di quell’incontro di calcio la situazione potesse precipitare. Non per i calciatori, che stavano ancora negli spogliatoi, ma per i tifosi, che attendevano l’ingresso in campo dei finalisti della Coppa dei Campioni di quell’anno. Di ogni incontro di calcio possiamo immaginare il risultato finale, quello che potrebbe succedere in novanta minuti e spesso rimaniamo delusi: la nostra attesa e il nostro tifo sono stati vani!!      

Ma quella volta la delusione non avvenne alla fine di tutto: ma ancora prima che iniziasse!

 L’incontro si disputò solo sugli spalti, di quel 29 maggio del 1985 a Bruxelles, prima che scendessero in campo le squadre della Juventus e del Liverpool. Un incontro che ebbe come vincitore la violenza. Quella degli inglesi, che tanti anni fa erano abituati “a giocare così”. Soprattutto sugli spalti prima, e dopo anche sul campo di gioco, se ce ne fosse stata l’occasione.  

Poi, da quel giorno tutto cambiò: il sacrifico di 39 tifosi italiani servì a far capire che il mondo del calcio aveva bisogno di una nuova sistemazione a livello organizzativo, soprattutto a livello di club. La partita ancora non iniziava, nessuna azione in campo. E allora, perché ci fu quell’invasione sugli spalti da parte di alcuni tifosi inglesi verso il “settore Z” occupato dai tifosi italiani?

 Spesso il perché di episodi del genere non esiste, anche se cerchiamo di dare una spiegazione logica a tutto ciò che ci circonda. È successo e basta. Se dovessimo cercare la spiegazione su tutto quello che succede, non avemmo tempo per fare qualsiasi attività, dovremmo sempre stare a pensare e discutere. Tempo sprecato.

  Quando ci sono 4-5 persone insieme già possiamo parlare di folla. E la folla non pensa. E spesso la decisione è quella presa dalla maggioranza. Come quando si va a votare il politico “migliore”, anche in quel caso vince la maggioranza. Ma alle volte la scelta della maggioranza si rivela quella peggiore… E’ l’istinto, nel bene e nel male, che decide da sempre, non c’è nessuna ragione che decida per la scelta giusta: è l’istinto del momento. L’istinto che ha anche deciso di far iniziare quella partita, nonostante le decine di vittime sul campo: erano proprio sul campo da gioco. Dove vennero sistemate prima che venissero portate fuori dalla stadio. Senza parlare di centinaia di feriti.

 Si disputò una “partita che non c’è”. Non si è mai capito il perché di quello svolgimento, se l’incontro venne disputato per volere delle due squadre, del politico di turno (belga), dell’arbitro… In quegli interminabili minuti di confusione generale si decise di iniziare l’incontro di calcio. I giocatori della Juventus sapevano che c’era stata solo una vittima italiana, almeno così dissero da sempre. I giocatori del Liverpool sinceramente non ricordo cosa dissero e pensarono negli spogliatoi, mentre fuori c’era l’inferno nello stadio.  

 Si giocò. Si disse poi per non far degenerare ancora di più la situazione: le due tifoserie potevano scontrarsi fuori dallo stadio se venivano costrette a lasciare l’impianto sportivo senza la partita disputata. E così, tra centinaia di tifosi italiani (sopravvissuti) riversati sul campo da calcio, e poliziotti belga sui cavalli(!!??), dopo aver evacuato tutto, iniziò la partita che nessun annuario calcistico dovrebbe riportare.  

 Invece l’incontro risulta: vinse la Juventus per 1-0. Gol segnato su rigore (inesistente) da Platini, dato dall’arbitro per far calmare le acque, infatti i tifosi inglesi capirono la “giusta” decisione dell’arbitro: il Liverpool non poteva vincere quella finale.

 La “partita che non c’è” ha occupato ugualmente tanto spazio nei giorni successivi: con la cronaca dell’incontro, interviste, la coppa alzata al cielo da Platini appena gli italiani sbarcarono a Torino. Semplicemente vergognoso!! Non si è mai capito chi decise di far scendere da trionfatori i calciatori dalla scaletta dell’aereo con la coppa ben in vista, e alzata davanti ai fotografi. Che immortalarono dei “calciatori fantasma”.

 Sugli annuari calcistici doveva essere presente solo una macchia nera e una data: “29 maggio 1985, Bruxelles”. I posteri dovevano intuire che qualcosa di assurdo e inutile fosse successo.   

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio