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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, venerdì 4 settembre 2020 -  “Regie Poste Italiane”. Questa era la dicitura originaria stampata sulle cassette di impostazione. E non erano rosse, ma di un grigio metallico, dove sopra c'era un altorilievo dello stemma Sabaudo sormontato da una corona con due bandiere incrociate poste  dietro lo stemma. Fino a pochi anni fa anche nel nostro paese se ne potevano ammirare almeno tre, una in Corso  Matteotti vicino all'ex Lavanderia Nardella, un'altra in Corso Giannone vicino al Municipio e infine un'altra ancora quasi di fronte la Chiesa Madre.

Era lì che i cittadini imbucavano le loro numerose lettere e cartoline per amici e parenti lontani. Il postino intorno alle ore 11 di tutti i giorni feriali prelevava il contenuto delle cassette per poi portarle all'ufficio postale e smistarle per le varie destinazioni.  “La buca la posta”, come veniva comunemente chiamata questo contenitore che nel tempo è diventato più grande e di colore rosso, visibile anche da lontano. Venivano buttate lì dentro anche centinaia di cartoline per concorrere ai vari quiz televisivi e radiofonici per cercare di vincere ricchi premi in gettoni d'oro da riconvertire in lire.  

 Il postino passava e riversava tutto il contenuto della cassetta in un sacco di colore grigio-militare abbastanza capiente, aprendola dalla parte inferiore. C'era gente che si appostava a fianco della cassetta per essere sicura che il postino prendesse tutte le cartoline e le lettere imbucate: qualcuna poteva rimanere impigliata dentro la cassetta ai bordi inferiori rialzati.

 All'epoca uno dei pochi modi per comunicare era proprio con le lettere e cartoline, il telefono arrivò dopo, ma non era per tutte le  tasche. A volte si assistevano a scene un po' “strane”: giovani che tenevano in mano delle lettere e che, visibilmente, esitavano se imbucarle o meno. Erano sicuramente lettere d'amore (forse finito): lì dentro potevano esserci notizie spesso non positive per il/la destinatario. Si vedevano queste lettere che passavano da una mano all'altra del mittente, poi la lettera veniva quasi imbucata per poi ritirarla all'ultimo momento e farla saltellare ancora per per qualche secondo tra le mani.

 Poi la si riponeva in una tasca, il mittente metteva le sue mani  anch'esse nelle tasche, e pensava. Sapeva benissimo che se quella lettera fosse stata imbucata, da quel momento tutto era stato deciso: era impossibile recuperarla. E avrebbe preso il largo dopo poche ore. Attraverso queste cassette sono passati i destini e le vite di interi popoli. Uomini e donne che attendevano risposte spesso a quesiti di difficili soluzioni. E molte volte le risposte non arrivavano, perchè chi riceveva quelle lettere non c'era più oppure perchè chi doveva rispondere non voleva farlo. 

 Oppure chi aveva ricevuto quelle missive in Paesi lontani come l'Australia o l'America, aveva cambiato anche la lingua per potersi esprimere. E non riconosceva più le parole di persone una volta vicine come mogli e figli. E quando era così, si capiva che da quel momento era inutile continuare a scrivere lettere che non avrebbero avuto risposte. Le parole diventavano incomprensibili, soprattutto dalla parte del cuore...

 Soundtrack: “La lettera che non scriverò mai” - Fiorella Mannoia

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Mario Ciro Ciavarella Aurelio