Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, mercoledì 14 ottobre 2020 -  La ‘guerra’ del rignanese Pasquale Campanale, combattuta e seguita dal lager  meglio miniera di carbone di Herten nella Germania nazista  interessa e affascina.  Lo fa raccontando le sue ‘pene di Giobbe’ nel sottosuolo, a mala pena compensate dalla paga quotidiana, ritenuta per certi versi ‘lauta’ dall’interessato. E ciò in considerazione della fame vera e di lavoro che regna sovrana nel Meridione. Inoltre, grazie al suo saper leggere e scrivere acquisito nelle prime classi alle Elementari, ha la possibilità di seguire le vicende dei famigliari e compagni dispersi sui vari fronti di guerra.

Lo fa  attraverso lettere dirette ai propri cari in paese, quelli che come lui lo sanno fare, pochi per la verità.  Ecco la sua storia di vita e di lavoro, oltre che di impegno sociale e politico. Egli  nasce il 6 agosto 1906, a Rignano Garganico da Vitantonio e da Leonarda Mastrillo. Qui muore, all’età di novant’anni, il 2 luglio 1996. Il 23 giugno 1935 sposa Angela Mastrillo, che darà alla luce il primo figlio Vitantonio (1937). Gli altri due .nasceranno nel dopoguerra. Precisamente Leonarda (1947) e Michele (1950). Socialista della prima ora e pacifista, non condivide la partecipazione dell’Italia al secondo conflitto mondiale. Pertanto, non appena si presenta la possibilità di scansarla, gioca tutte le sue carte per disertarla. Siamo nel 1940. La Germania, afflitta dall’estremo bisogno di manodopera in ogni campo della sua economia, in forte sviluppo ed anche perché tutti i suoi uomini sono largamente impegnati in guerra,  pensa bene di sostituire questi ultimi, con forze fresche provenienti dall’Italia, afflitta al contrario, come accennato,  dalla crisi economica e dalla disoccupazione, specie al Sud. Si stipula un vero e proprio accordo strategico tra lo Stivale e la Germania nazista, che permette un flusso emigratorio che interessa il periodo 1937 – 1943.

Ogni anno partono migliaia e migliaia di braccia italiane al servizio del Reich, detta in lingua emigrazione dei “fremdarbeiter italiani”. Come ogni inizio, la cosa si presenta bella e accattivante. Ti forniscono il lavoro sicuro con vitto, alloggio ed  assistenza sociale adeguata, sempre però nei pressi del Lager, ovvero campo. Nome, quest’ultimo, che prenderà un significato sinistro con la deportazione degli ebrei e dei cosiddetti nemici della razza tedesca o traditori che dir si voglia, quali sono considerati gli Italiani dopo l’8 settembre 1943, trattati da  prigionieri di  guerra, compresa larga parte degli stessi emigrati, come il Campanale, ai quali è proibito il rientro in patria. Non solo, ma i governanti tedeschi  rimangiano in parte tutti i benefici economici ed esistenziali precedentemente accordati. Da questo malanno, il nostro protagonista  e gli altri vengono liberati, grazie all’intervento ed occupazione della Germania da parte degli alleati anglo-americani e russi, ossia ai primi di maggio 1945.

L’interessato con i mezzi di fortuna rientra in paese, portando con sé  i pochi risparmi, non inviati  a casa a seguito della precipitazione degli eventi e il “mondo imbrogliato”, come di solito pontifica nelle sue lettere, di cui si dirà. Con il suddetto gruzzolo, risucchiato in parte dalla svalutazione della lira, riesce a comprare alcuni capi bovini, dedicandosi a tempo pieno al loro allevamento in montagna. Successivamente mette fissa dimora in un fabbricato in parte restaurato e in parte ricostruito ex-novo nella sua campagna di Centopozzi.

Riprendendo il discorso di cronaca, di Campanale, emigrante in Germania nel 1942, ci sono giunte due lettere, che ci spiegano bene il suo trascorso del momento. Nella prima, datata 26 ottobre, assai toccante, parla della sua ultima venuta ‘in licenza’ in occasione della morte del fratello, deceduto  a causa di ferita da guerra, pochi mesi prima e seppellito a Gioia del Colle, lasciando due nipoti orfani di entrambi i genitori. É il suo unico cruccio, che porterà sempre con sé sino alla fine, segnandolo profondamente nella mente e nel cuore. “Io solo se ci rifletto mi escono le lacrime senza mazzate”.  C’è poi, quella del 19 novembre, allorché cita suo cognato Antonio, soldato impegnato sul fronte russo e scrive al riguardo: “Chi lo sa come passa i giorni di sotto alle armi di quei maledetti bolscevichi, ma penso che può durare, ma devono avere la peggio”.  Non manca di citare nei saluti il cugino Mattiuccio, anche lui sul fronte russo del Don, quale bersagliere del famoso 3° Reggimento,  da dove non tornerà più, incappato com’è nella famosa offensiva del 19-20-21- dicembre 1942. Campanale con la sua terza Elementare, è uno dei pochi in paese che sa leggere e scrivere lettere, come pure la zia Rachelina che le riceve e risponde. L’indirizzo del mittente è: Operaio Pasquale Campanale - Herten I.Weetf – Lager Ewald 1/2- Germania (vedi foto).