Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, venerdì 11 settembre 2015 -  I sentimenti, l’affetto, i ricordi per un figlio sono stati… schedati. Sappiamo cosa emoziona e cosa no! Una carezza di un figlio data ai genitori, emoziona. Un sorriso regalato da un ragazzo alla sua fidanzata, dimostra affetto. Un bacio dato da una moglie al marito (e viceversa) è una dimostrazione sentimentale.  Un oggetto appartenuto o addirittura fatto da un nostro parente che adesso non c’è più e che non possiamo possedere… “l’amore non è rilevante”.  E quindi quell’oggetto può anche non essere posseduto da chi è rimasto a soffrire nel ricordare chi ci ha preceduti nell’Aldilà.

  È quello che ha risposto in sintesi un preside di un istituto superiore di Udine, quando i genitori di un ragazzo, deceduto all’età di 22 anni, hanno richiesto il compito di maturità del loro figlio al preside suddetto.

 Quel compito d’italiano era stato considerato il migliore tra tutti quelli presentati per l’esame di maturità di due anni fa.

 Il preside esperto in sentimenti umani è stato irremovibile, citando a memoria una legge, la numero 241 sull’accesso agli atti amministrativi: “Posso rompere i sigilli e aprire gli atti, alla presenza di due testimoni, solo se è necessario per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.

 Capisco il dolore e lo strazio dei genitori, ma le motivazioni affettive non sono giuridicamente rilevanti».

 A questo punto i genitori del ragazzo prematuramente scomparso, per avere una copia del compito del loro figlio, dovrebbero fare una richiesta … al TAR(!!??)

 Sentito ciò, Enrico (questo il nome del ragazzo in oggetto) dall’alto dei cieli ha deciso di scrivere ai loro genitori, e di comporre un compito anche più bello di quello presentato all’esame di maturità.

 E il tema diceva più o meno così:

 “Cara mamma e caro papà, io sono qui, dove tutti verrete. In questo posto non ci sono insegnati, né presidi… e nemmeno il TAR. Ci sono solo corpi che possiedono leggerezza e bellezza uguale a quella di Dio, che ancora non vedo”.

 Quei pochi che hanno avuto la fortuna di vedere il volto di Dio, ogni tanto vengono a trovarci, e ci dicono com’è il volto di Dio. E ci dicono che è come… il nostro!!

 Dio è uguale a noi che stiamo qui!! Ha la stessa bocca, gli stessi occhi, le stesse spalle che abbiamo noi che stiano qui!!

 E quando lo vedremo anche noi che ancora non possiamo, avremo il compito di andare da quelli che ancora non lo vedono, per raccontare cosa abbiamo visto.

 Ed è così per l’eternità: abbiamo il dovere di raccontare la bellezza di Dio agli altri. In questo posto non si parla d’altro: solo della bellezza di Dio!!

 E a voi, cari genitori, che ancora non siete in questo posto, dico solo a voi com’è il volto di dio. È come quello di una madre e un padre che piangono, ma le lacrime non escono dagli occhi.

 Non escono da nessuna parte, perché Dio piange di gioia. Un pianto senza lacrime. Ma fatto con gli occhi che solo Dio ha!!”

 Letta questa lettera, i genitori di Enrico la portano al preside che ha negato loro di avere una copia del compito del loro figlio.

 Leggendo quel compito… dall’Aldilà, il preside ha pianto. Ma con le lacrime. Come fanno i comuni mortali.

 È ancora presto per molta gente piangere… senza lacrime.

 

 

                                                                         Mario Ciro Ciavarella