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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, domenica 3 gennaio 2021 -  VOCI DALL’ORIENTE. Quando arrivano notizie, o qualcosa che le somigli, c’è sempre un po’ di dubbio, su quello che ci viene raccontato da Terre non del tutto conosciute. Come quando Marco Polo ritornò dalla Cina e raccontò del suo straordinario viaggio alla corte del Gran Kan. Non tutti gli credettero. Anche perché delirava, in prigione, quando detto “Il Milione” a Rustichello da Pisa, straordinario reportage scritto nel 1298.

Da quasi un anno ci viene raccontata una storia che non tutti condividono: l’esistenza naturale di un virus mai visto prima!! Prodotto e confezionato non da mente umana. Inizialmente abbiamo visto gente orientale che improvvisamente cadeva a terra, qualcuno si toccava la fronte prima di perdere i sensi, altri facevano alcuni passi e poi a terra anche loro.

Strade cinesi, chilometriche, completamente deserte. Immensi formicai-condomìni dove non si sentiva la presenza di un minimo di speranza per quelli che ci abitavano. Sembrava che il virus avesse fatto in pochi giorni il suo dovere: entrare nel suo nuovo ospite e ucciderlo. Poi, la serietà orientale è riuscita mettere a tacere il virus che sembrava non avere mai fine. Per poi uscire da quei vespai di condomìni e continuare a vivere altrove: nel resto del mondo! Così ci è stato raccontato…

Ci siamo abituati a vedere l’intero popolo cinese con le mascherine: prima le mettevano solo alcuni per lo smog, che uccide da tempo da quelle parti, dove l’inquinamento atmosferico è molto elevato. Ma adesso la mascherina è un dovere indossarla. Quasi un atto di fede: si crede in quello che non si vede!! Come i virus e dio: ci sono ma non si vedono…

Avete mai visto due cinesi parlare mentre camminano prima della pandemia? Mai!! Figuriamoci adesso, le distanze tra gli uomini si sono allargate, dilatate, sono diventati ancora più silenziosi. Forse adesso non respirano nemmeno: nel dubbio meglio non rischiare…  

La cultura gastronomica orientale sappiamo che comprende anche pietanze come pipistrelli, serpenti, rettili e tutto ciò che per noi occidentali non è commestibile. E sembra che da queste ricette locali si sia generato, il virus che si è insinuato nel corpo di milioni di umani. Cobra + pipistrelli = Coronavirus. Così ci è stato tramandato. Un salto tra specie è uno dei motivi del perché esistono le epidemie non sempre capite.

E poi il resto è storia… Ma non sappiamo ancora come e quando finirà questo ingorgo di parole, ipotesi, studi, morte. Si prega, e lo si farà per sempre: dopo questo problema ne nascerà un altro, e ancora a pregare. E ancora a non capire il perché di Tutto! In Oriente l’idea della morte è da sempre più “capita” rispetto all’Occidente: credono che sia giusto morire, senza chiedersi troppi perchè. La loro religiosità è un misto di più Credi, il Cristianesimo non ha mai trovato molto spazio da quelle parti. La loro idea di Aldilà è molto più complessa della nostra: si affidano alle anime buone degli Antenati, come noi facciamo con i Santi.

VOCI DAL NORD. Ambulanze che entrano ed escono dal pronto soccorso di Codogno, un paese della provincia di Lodi. Personale sanitario che entra ed esce dall’ospedale, senza sapere esattamente quello che stesse succedendo lì dentro da alcune ore. Poi, poche ore dopo vengono sistemati dei nastri di colore rosso e bianco, che delimitano la zona del presidio ospedaliero. Poi si bloccano le entrate e le uscite di quell’ospedale. E poi qualcuno inizia a piangere, pianti che arrivano nel giro di poche ore, da parte dei parenti di alcuni pazienti che stavano assistendo, faccia a faccia, entrati lì dentro poche ore prima. Crisi respiratorie, soprattutto. Si moriva quasi istantaneamente, nel giro di poco, da quando ci si sentiva male!

Una patologia che nessuno riusciva a capirne l’origine. E allora prima di tutto chiudere tutto!! Tutto!! Anche perché qualcuno si ricordò che da alcune settimane dalla Cina si stava spargendo un nuovo morbo, che piano piano avrebbe interessato non solo quel Paese. Infatti si capì dopo pochi giorni che bisognava chiudere la città di Codogno. Meglio se chiudere tutta la provincia di Lodi, forse è meglio se si chiude tutta la Lombardia. Facciamo tutto il Nord Italia. E allora facciamo tutta l’Italia!!!

E così fu…

Strade deserte. Un silenzio che non si ricordava chissà da quanti anni nel nostro Paese. Un silenzio assenso più che mai buono e giusto: si aveva paura di morire. Lentamente la Natura iniziava a riprendersi quello che noi umani le avevamo sottratto nel giro di nemmeno un secolo: bellezza, verde, acque limpide, un cielo terso come quando venne creato. Si potevano rivedere le stelle!! Orsi ed altri animali che si erano allontanati dal loro habitat naturale, riconquistavano un terreno perso, e si aggiravano tra vicoli e “mugnali”, per capire (anche loro) cosa fosse successo!

Autostrade che soffrivano la solitudine, e sirene di ambulanze che le davano una sveglia di tanto in tanto. Niente sorpassi da effettuare. L’umanità in quei due mesi non aveva molto da fare: un silenzio che non ha mai soddisfatto un manto stradale, abituato a sgommate e frenate improvvise per evitare disgrazie umane. Un deserto extraurbano visto per la prima volta. Le salite non avevano mai fine, ad occhio e croce: l’assenza degli uomini non davano la giusta distanza da noi e l’oltre.

 Poi finì. Dopo due mesi si decise che la lotta contro il nemico invisibile era quasi finita. Non vinta. Si ritornava a vivere senza mascherine all’esterno, lì dove il virus è meno forte. Non ci furono particolari celebrazioni per questa Liberazione dal Male, ma si continuò a vivere contando le vittime e le persone che stavano ancora lottando. Una strana guerra era stata combattuta: non eravamo preparati a nemici del genere…

VOCI DA SAN MARCO. Dopo pochi giorni dalla prima vittima in Italia in data 23 febbraio 2020, circolano nel nostro paese strane voci che dicono: quasi sicuramente anche da noi un signore è deceduto con la stessa patologia del “paziente zero” di Codogno. Dubbi e paure si fondono. Si aspettano ore, poi alcuni giorni: arriva la verità, c’è una vittima anche da noi!! Il panico inizia ad invadere tutti gli spazi che separano le vie di San Marco. Di mascherine ancora non se ne sente parlare, ma pochi giorni dopo si vedono in giro persone che, senza nessun ordine, indossano quelle che ormai sono note come uno scudo personale per riuscire a vivere!!

Il panico inizia a guadagnare spazio vitale: tutti ci spostiamo quando qualcuno ci passa vicino, abbassiamo la testa e la giriamo un po’, cercando di evitare anche lo sguardo del passante. Negli occhi il virus potrebbe trovare una via aperta… Negli ospedali della Provincia è quasi “una caccia ai sammarchesi”: veniamo evitati da tutti. E tra di noi del luogo cresce l’allarmismo, ci si informa su chi potrebbe essere un possibile untore a sua insaputa: i tamponi in quel periodo venivano eseguiti solo su gente deceduta o in agonia…

Il forte senso della religiosità nel nostro paese, produsse un errore fin troppo umano: affidarsi a dio in una situazione così tragica. E lo si fece in prima persona, con decine di fedeli che naturalmente raggiunsero il sagrato di una chiesa per cercare di capire la Logica della Natura, e chiedergli di avere pietà di noi!   

E siamo ancora qui, per quelli che ci sono ancora. Anno nuovo, pandemia vecchia. Si continua a vivere e combattere. Sperando che l’intelligenza degli uomini riesca a sconfiggere l’origine del virus: lo stravolgimento naturale dell’habitat di ogni specie vivente. Non sappiamo, in verità, ancora come e quando tutto questo iniziò… ai posteri il dovere di mettere la parola fine…

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio