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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, mercoledì 11 agosto 2021 - Si contano prima di tutto le bottiglie, possibilmente scure. Che odiano la luce come se fosse una lama nel cuore. Un cuore rosso che sta per prendere vita in un pentolone riscaldato da un fornello grande quanto una ruota di un carro di antica memoria. Il numero è giusto: bottiglie messe in fila come soldati che stanno per uscire da una trincea e prendere posto nella dispensa di una casa che ha bisogno di quel rosso, come il sangue che gode di ottima salute. Bottiglie che non dovevano essere necessariamente "da salsa". Ma che sono servite anche per contenerci dentro: succhi di frutta, Coca Cola, aranciata, gazzosa e anche Idrolitina.

I pomodori prendono posto in una pentola che risorge puntualmente ogni anno negli stessi giorni: rispetta una Pasqua laica, spostando di poco tempo la sua resurrezione. Un remo giusto come grandezza per essere usato anche da piccole mani, viene agitato in un modo perpetuo che una divina sapienza ha trasmesso oralmente di famiglia in famiglia. Quel movimento, del remo infilato nella pentola, sembra un pendolo che cade dalla volta di una cattedrale per dimostrare, con il suo movimento, la rotazione della terra. Anche la salsa gira, e lo fa in un modo che attira l'attenzione di tutti, creando un vortice che dal centro si sposta verso i bordi di quel brodo, sembra primordiale, anche se meno... "pelent".

Anche le bolle che prendono vita in quella pentola sembrano parlarti: con suggerimenti arcaici come sussurri donati solo a pochi, nelle orecchie. Bolle di sugo rosso sangue, vita agreste che spinge verso gli umani la propria disperazione sperando di essere apprezzate per quel sacrificio poco sacro. Le bolle. Poi spariscono, come quando un moribondo ci lascia il suo ultimo respiro, ma continuano a vivere nei ricordi di quelli che si alimenteranno di quel sugo. Che vuole essere ascoltato. Come le bolle, quando "quaquarejen". Sono rosse forse per questo: avranno emoglobina nata dalla terra e non ereditata da altri esseri viventi. Nel calderone fanno a gara, le bolle, per chi grida la propria presenza: questo sugo l'ho generato io!!! Hanno voglia di rivalità, come quando si corre una gara veloce, per poi mettersi una medaglia al collo.
 
Il tempo della bollitura è finito. E inizia il tempo di dare eternità a quel prodotto di terra e uomo, combinazione biologica perfetta. Le bottiglie quasi applaudono al lavoro fatto fino a quel momento, e aspettano con le bocche aperte la linfa che le darà calore, gusto e forma. La forma. Somiglia ad un uomo alto, con il collo quasi modiglianesco, snello e che non ha voglia di ingrassare. Ma di essere così per tutte le stagioni a venire. Le bottiglie. Vengono riempite, come quando si dà forza ad un uomo sofferente donandogli il sangue di un benefattore: travaso di sangue. Caldo. Il sangue è caldo quando è in funzione, vuole farti sapere che è vivo.
 
Come la salsa. Anche lei è viva e calda, alla nascita. Nel tempo perderà un po' di tepore e di vigore. Ma poco. Ma quando cadrà nei piatti pieni con la pasta, riprenderà a vivere come il primo giorno, quando venne imboccata in quelle bottiglie. Ma per dare un senso compiuto a tutto questo bisogna darle il nome che si merita: Saveza.
 
 
Mario Ciro Ciavarella Aurelio