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Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, sabato 10 ottobre 2021 -  Sembra che siano passati secoli, invece sono passati meno di trent'anni anni. Da quando si andava al comune per richiedere tutti i certificati utili per poter presentare domande per accedere a concorsi o supplenze varie. La fila davanti alla porta dell'ufficio anagrafe del comune... era rotonda, senza numerini da prendere per "avanti il prossimo". Ci voleva solo tanta memoria, per ricordare quale fosse il proprio momento per entrare nel sospirato ufficio. Da anni c'è l'autocertificazione: si può dire di essere un ingegnere, e ti controlleranno anche tra anni. Intanto lavori!!?? Prima invece dovevi essere attestato da tanti certificati da allegare alla domanda.

 

- Certificato di nascita
- Certificato di residenza
- Stato di famiglia
- Titolo di studio (se scuola superiore, allegare anche il diploma di licenza di terza media??!!)
- Sana e robusta costituzione
- Certificato del casellario giudiziario
- Eventuali esperienze lavorative
- Attestati di eventuali invalidità civile propria o di genitori.
 
E a piacere tutto quello che secondo noi potesse fare aumentare il punteggio. (Un amico mio una volta ha dichiarato che aveva la laurea di d.j.) Come minimo si dovevano presentare questi certificati. Il tutto stilato a mano (fino alla fine degli anni '80) da parte degli impiegati conunali. Quelli più impegnativi da scrivere per l'impiegato erano gli Stati di Famiglia: decenni fa le famiglie erano numerose, anche 7- 8 figli per nucleo famigliare. E poi bisognava interpretare la calligrafia dell'impiegato che all'epoca scrisse di proprio pugno quelle schede. Di computer all'epoca nemmeno l'ombra: l'impiegato andava alla ricerca "delle discendenze del richiedente", scartabellando in un archivio ricco di migliaia di schede. E lui armato di solo penna, iniziava "la sacra scrittura" di tutto quello che veniva richiesto da giovani in cerca di lavoro.
 
Un lavoraccio! Da parte degli impiegati comunali. Intanto fuori dalla porta "modello saloon" dell'ufficio anagrafe, la fila rotonda allargava il suo diametro: i giovani in attesa diventavano sempre di più. Qualcuno riusciva, senza farsi notare dagli altri, a passare un bigliettino all'amico che stava davanti a tutti. Sussurrandogli se potesse fare anche i suoi certificati.
E non bisognava dimenticarsi di portarsi dietro tante marche da bollo, quanti fossero i certificati rchiesti!! Ed era in quel contesto che si riusciva a sapere di concorsi che erano sfuggiti, e in diretta si richiedevano dei duplicati di tutti i certificati richiesti. Tutta la documentazione veniva visionata più di una volta da parte del concorrente, prima di chiuderla dentro una busta gialla grandezza foglio A4, per poi correre all'ufficio postale per spedire il tutto tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.
 
Il pensiero era già arrivato fino all'ufficio postale... ma intanto nella realtà si stava ancora (in piedi) dietro la porta dell'ufficio anagrafe in attesa. Una volta dentro, anche dopo aver aspettato per oltre un'ora, sembrava di aver già vinto il concorso!!
L'ufficio anagrafe è sempre lì: entrando nel Comune sulla sinistra. È sempre quello, stessa grandezza, stessa illuminazione, e forse da qualche parte ci sono ancora quei contenitori di colore "grigio canna di fucile", che venivano tirati e il contenuto quasi cadeva giù, non riesco ancora a capire come si mantenesse il tutto. Sbirciando sulla postazione dell'impiegato addetto alla compilazione a mano di tutti i certificati richiesti, si notava che gli originali del Comune, erano stati scritti decenni prima, forse lo stesso giorno di quando siamo nati. Almeno il certificato di nascita.
 
Ma tutte le altre schede avevano una calligrafia raffinata, quasi da Ventennio, tutte scritte con la penna (ma forse con il pennino) nero. Erano schede anagrafiche autorevoli, avevano un certo spessore, quasi di cartone. Non c'erano sbavature. Come editti pronunciati chissà quanto tempo fa e che nessuno poteva mettere in discussione.
Uscendo dall'ufficio anagrafe, contenti e sudati, subito si andava a casa per controllare il tutto, mettere in busta, firmare la domanda e poi correre all'ufficio postale. E poi si attendeva. Le destinazioni principali erano due: ospedali e Ministero della Difesa. Erano le due mete preferite dai ragazzi di tanti anni fa. Per poter lavorare subito. Come alternativa c'era lo studio universitario.
 
Su quelle domande c'erano le speranze di tanti ragazzi. In quelle buste chiuse c'erano le nostre vite: le origini, la nostra famiglia, la nostra storia scolastica. E si attendeva un telegramma o una raccomandata come risposta. Se positiva, dopo pochi giorni si partiva, per una caserma oppure in un ospedale, per iniziare a vivere "da grandi".
 
Mario Ciro Ciavarella Aurelio