Michele Centola ©redazione sanmarcoinlamis.org

San Marco in Lamis, giovedì 9 ottobre 2025 -  L'appuntamento elettorale di novembre 2025 in Puglia si avvicina portando con sé interrogativi che vanno ben oltre la semplice competizione tra schieramenti politici. La regione Puglia si prepara a rinnovare la propria guida in un contesto che merita un'analisi approfondita, soprattutto considerando il tradizionale orientamento progressista che ha caratterizzato le amministrazioni regionali degli ultimi decenni. La continuità amministrativa che ha contraddistinto la Puglia nelle ultime tornate elettorali rappresenta un elemento significativo per comprendere le dinamiche attuali.

Questo radicamento politico, tuttavia, non può essere considerato un dato immutabile, specialmente in un panorama nazionale in continua evoluzione. I nomi dei candidati alla presidenza sono ormai sul tavolo, mentre in tutto il territorio regionale emergono figure che ambiscono ai seggi consiliari, distribuite tra le diverse coalizioni. Questo fermento pre-elettorale dovrebbe rappresentare un'occasione di confronto genuino sui temi cruciali per il futuro pugliese. Viviamo un'epoca contraddittoria: mai come oggi abbiamo avuto a disposizione strumenti per partecipare al dibattito pubblico, eppure il distacco tra istituzioni e comunità appare sempre più evidente. I valori che dovrebbero sostenere il sistema democratico sembrano attraversare una fase di stress senza precedenti. L'azione amministrativa dovrebbe orientarsi verso obiettivi condivisi, costruendo percorsi concreti per rispondere alle necessità quotidiane: un sistema sanitario efficiente e accessibile, opportunità lavorative dignitose, condizioni di sicurezza adeguate.

Sono aspirazioni legittime che rischiano però di rimanere confinate nei discorsi ufficiali. Troppo spesso l'attività politica rimane impigliata in meccanismi burocratici e riferimenti normativi che appaiono disconnessi dalla vita reale delle persone. Le decisioni vengono filtrate principalmente attraverso parametri di sostenibilità finanziaria, mentre le pressioni concrete che i cittadini affrontano quotidianamente faticano a trovare spazio nelle agende istituzionali. Questa impostazione ha generato conseguenze tangibili: anziché stimolare partecipazione e fiducia, il sistema politico ha prodotto disillusione e allontanamento. Gli elettori percepiscono scelte imposte verticalmente, elaborate in sedi lontane dalle loro preoccupazioni effettive, senza un reale ascolto delle istanze che emergono dal territorio. Il dato forse più allarmante riguarda il progressivo calo dell'affluenza alle urne. Consultazione dopo consultazione, diminuisce il numero di persone che ritengono significativo esprimere la propria preferenza. Il risultato è paradossale: gruppi sempre più ristretti di votanti determinano chi amministrerà risorse e servizi che riguardano l'intera collettività. Questo fenomeno non può essere liquidato come semplice disinteresse.

Rappresenta piuttosto un segnale inequivocabile di sfiducia, una forma di protesta silenziosa verso un sistema percepito come autoreferenziale e impermeabile alle sollecitazioni che provengono dalla società. Di fronte a questo scenario, la domanda sulle motivazioni che spingono alla candidatura diventa cruciale. Quali obiettivi autentici guidano chi si propone per un incarico pubblico? Quale visione di comunità si intende perseguire? L'esperienza insegna che esiste spesso un divario significativo tra le dichiarazioni della fase elettorale e le scelte successive. I programmi ambiziosi presentati durante la campagna tendono a ridimensionarsi drasticamente quando inizia il confronto con i vincoli concreti dell'amministrazione. Le promesse elaborate nei comizi si scontrano con le complessità operative, con gli equilibri da mantenere, con le resistenze interne agli apparati. Invertire questa tendenza non è semplice, ma nemmeno irrealizzabile. Richiede però un cambiamento di approccio profondo, che parta dal riconoscimento onesto delle criticità attuali. Servirebbero meccanismi di coinvolgimento reale dei cittadini nelle fasi decisionali, non limitati a consultazioni formali ma capaci di incidere concretamente sugli indirizzi politici.

Occorrerebbe maggiore trasparenza nei processi decisionali, rendendo comprensibili le ragioni dietro le scelte amministrative. Bisognerebbe privilegiare soluzioni pragmatiche rispetto a ideologie rigide, valutando le proposte in base alla loro efficacia concreta piuttosto che alla loro appartenenza a uno schema precostituito. Le elezioni regionali pugliesi del novembre 2025 rappresentano più di una routine amministrativa. Sono un'opportunità per ripensare il rapporto tra chi governa e chi è governato, per costruire forme di impegno politico che recuperino credibilità e legittimazione. La sfida non riguarda solo chi vincerà, ma soprattutto come si governerà dopo. La Puglia, con la sua storia e le sue potenzialità, merita un dibattito all'altezza delle aspettative dei suoi abitanti. Spetta agli elettori mantenere viva l'attenzione, pretendere coerenza tra parole e azioni, e ai candidati dimostrare che la politica può ancora essere strumento di progresso collettivo e non solo arena di competizione personale.

 
di Michele Centola Direttore