Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, venerdì 15 gennaio 2016 -  Durante le guerre pro Unità d’Italia, di esempi di eroismi in campo filo borbonico se ne contano a bizzeffe anche in Capitanata. Finora gli stessi sono rimasti sepolti sotto la “Damnatio memoriae”, decretata da Garibaldini e Piemontesi nei confronti dei loro avversari, militari o civili che fossero. Uno di questi si chiama Saverio Longo, di professione bracciante, appartenente a famiglia molto povera, giustiziato in quel  di Foggia sul finir del 1861, dopo un processo sommario. Ecco i passi più significativi della sua biografia, contenuti nell’opuscolo “Uomini illustri di Rignano Garganico”, ebook a cura di chi scrive, edito nel 2012 . 

 Egli nacque a Rignano il 15 gennaio 1817 da Pasquale, bracciante, e Giuseppina Gaggiano, nella casa paterna in via Torretta. Di statura bassa, robusto, arguto e vivace d’ingegno, studiò quanto bastava a saper leggere e scrivere in maniera rudimentale per poi passare a fare lo stesso mestiere del padre, bracciante a giornata nelle campagne del paese. Nel 1861, già deluso da quanto la neonata nazione italiana andava operando per quelli come lui e per i paesi dell’ex Regno duosiciliano, fremette di sdegno quando assistette alla fucilazione di due ex soldati borbonici passati alla guerriglia e catturati dai bersaglieri. Gettò via i suoi attrezzi di lavoro, salutò i suoi genitori affranti e corse ad unirsi, assieme ad altri compaesani, ad una delle tante compagnie di insorgenti che si andavano formando in Capitanata.

Longo combatté valorosamente dal Gargano al Tavoliere, dalle alture del basso Molise fino alla Basilicata, meritandosi l’ammirazione delle genti che desideravano il ritorno del legittimo re Francesco. Alcuni mesi dopo, quando la lotta per la Patria che c’era, non ebbe più speranze, Longo abbandonò le armi e con le lacrime agli occhi e il veleno nel cuore provò a ritornare al paesello nativo, per rivedere la sua adorata mamma. Ma  alle prime case del paese venne bloccato da due guardie nazionali, in giro di perlustrazione da quelle  parti per un omicidio avvenuto il giorno prima. Arrestato e tradotto in Foggia, il mattino seguente, dopo un brevissimo e sommario processo, fu fucilato nel cortile. Non volle essere bendato e prima di cadere gridò impavido di fronte al plotone d’esecuzione: Evviva l’Italia, Evviva le Due Sicilie! Veniva così spento ignobilmente e ingiustamente un valoroso figlio di Rignano, che con entusiasmo era corso con tanti altri giovani a difendere la Patria  che c’era, aggredita ed occupata