Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, sabato 6 febbraio 2016 -  Niente Carnevale, quest’anno, a Rignano Garganico. Si tratta di un’altra avvertita tradizione che va via per colpa della crisi, ma soprattutto per il decremento demografico, che avanza inesorabilmente, qui ed altrove, per via della diminuzione delle nascite e dell’emigrazione giovanile. Infatti, la stessa è giunta ormai al 100% per l’assenza totale di lavoro e di prospettive. Non resta ora a chi rimane che la nostalgia e il ricordo del passato, quando il Carnevale alla pari delle altre festività religiose e profane era assai avvertita e praticata, non solo dai ragazzi, come è accaduto negli ultimi anni, ma anche dagli adulti.

 Fino agli anni ’70, di iniziative ce n’erano tante, a cominciare dal “mascheramento” che invogliava l’intera comunità. C’era chi indossava i vestiti delle nonne e bisnonne, detto “pacchiana”, chi il pastrano (cappotto lungo), il mantello, il “tight” o frac , detto “sciammèreche” con cappello a cilindro degli antenati. Altri, invece, si accontentavano del costume popolano : camicione grezzo a quadri, pantalone di fustagno, farsetto e “fazzolettone” di diverso colore e l’immancabile “coppola”. Talvolta, si faceva a gara tra quartieri tra chi vestiva meglio e di più. La maschera era costituita per lo più da un pezzo di panno nero con occhiaie, che si legava dietro alla nuca con lacciolo. Quelle di carta - pesta faranno capolino in seguito, indossate soprattutto dagli scolari e più recentemente in plastica dura e morbida. Erano in voga i cosiddetti “ditte”, ossia le recite, estrapolate spesso dalla ricca letteratura nazionale sul tema, sapientemente adattata al tempo e al luogo da valenti ed improvvisati registi. Si ricorda, ancora in paese, Nicola Gravina, organizzatore di prim’ordine.

Non sbagliava mai una scena o dialogo che sia, perché amava conservare per iscritto il patrimonio, forse raccolto per via di storia orale dalle precedenti generazioni, in quaderni ben tenuti e custoditi in casa. Gli stessi, dopo la morte di lui, furono e sono conservati gelosamente dai loro famigliari, che finora ne hanno impedito la pubblicazione e, quindi, la diffusione della loro memoria. Una “pecca” da rimediare presto prima che essa venga cancellata per sempre dall’incuria dell’uomo e del tempo. Molto di più è stato fatto a scuola in conseguenza del suo interesse educativo che prescinde, da quello che si fa o non si fa in piazza, con l’apprendimento e la messa in scena delle “maschere” nazionali: Pulcinella, Arlecchino, Colombina, Pantalone, ecc. Si ricorda negli anni’60 di un “regista”, che, non essendosi organizzato alcunché quell’anno in paese, radunò in piazza Gargano un nutrito gruppo di adolescenti, desiderosi di “fare festa”; fece loro rivoltare le giacche all’inverso e poi rindossarle.

Quindi, provvisti di strumenti musicali rimediati alla meglio, come coperchi da cucina, lavatoio di legno e mazza,   chitarra, mandolino e flauto, si faceva un gran baccano in piazza e nelle strade, salutati dalla gente con ilarità. Lo scorso anno fu l’associazione ex-Vigili del Fuoco in congedo a riproporre l’iniziativa e la comunità, anche se per poco, respirò aria di festa . Ora, invece, è tutto silenzio e nessuno si sogna più, come facevano un tempo Giovanni Gentile e famiglia, annunciando ogni festa con allegria al suon della fisarmonica o altro strumento tradizionale.

 

Foto. Rignano G. Carnevale negli anni'50, da sx: Montesano (mandola), Antonio Lombardi (finta sposa) e Antonio Vinciguerra (finto sposo)