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Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, lunedì 21 novembre 2016 -  La raccolta delle olive nei tempi andati (vedi foto, anni ’50) era una “dolce” fatica, a cui si sottoponeva l’intera popolazione. Ci andavano volentieri un po’ tutti, uomini e donne, adolescenti e ragazzi, per assicurare alla famiglia il fabbisogno giornaliero del cosiddetto oro giallo, sia in considerazione del colore sia per il sotteso ed intrinseco valore di condimento pregiato, unitamente al lardo e alla sugna dei maiali allevati ed ammazzati in casa. Chi aveva olio e lardo a sufficienza era considerato a quei tempi un “benestante”.

 La retribuzione era remunerata col frutto, in ossequio al patto contrattato verbalmente con il proprietario del fondo, detto “alla parte” (mezzadria), perché si divideva a metà il frutto della raccolta. Le aziende più consistenti si avvalevano anche dei salariati fissi e giornalieri. Altri ancora. A fine campagna, si accontentavano di andare a spigolare. Le principali località e contrade occupate da estesi uliveti erano e sono: Palombara – Fornovecchio, Paglicci, Palagano, Piana della Madonna di Cristo. Marcivico, Larama, Cicinto, Corigliano, Don Biase, Lama, Pescorosso, ecc. Ecco uno squarcio di come si svolgeva una giornata di lavoro durante la raccolta delle olive.

La stessa è descritta nel libro-racconto di chi scrive Don Leonardo Cella / dal paese al mondo salesiano, e-book, Roma, Maritato Group, 2012. <<…Di solito celebravano la S. Messa alle cinque del mattino e/o in prima serata. Tanto facevano perché potessero partecipare alle cerimonie religiose anche i lavoratori e i braccianti impegnati ai piedi della collina e nella piana sottostante. Tra questi c’è anche Vincenzo che in quel periodo si recava a raccogliere le olive perse assieme ai compagni. Dopo aver assistito alla funzione, il gruppo si dirigeva verso Capelumonte. Ognuno, facendosi luce con un tizzone ardente, scendeva a capofitto lungo la mulattiera detta “Scala di Sant’Anna” o lungo quella di “Ficuccio”.

La prima stradella era la più ripida e ti portava in un baleno alla sottostante contrada “Don Biase”. L’altra, meno ripida e più lunga, arrivava alla Lama e a Pescorosso. Dette località si trovano tutte sul primo gradone del versante occidentale della montagna. Una volta sul posto, la comitiva si metteva a cercare olive nelle zone da poco abbandonate dai raccoglitori ufficiali mandati dal padrone. A una ad una cercavano i neri frutti tra i cespugli, i rovi, le pietraie. Non sempre si era fortunati! Qualche volta, dopo aver girato per ore e ore macinando chilometri di strada, riuscivano a malapena a mettere nel tascapane qualche chilo del prezioso frutto.

A mezzogiorno si mangiava un “boccone”. Ed era davvero tale!| Infatti tutto si esauriva in un tozzo di pane raffermo, insaporito da qualche pomodoro “vernije” o da un pezzo di cipolla, oppure da poche olive appena raccolte ed arrostite sul posto. All’imbrunire si tornava a casa risalendo a fatica la ripida mulattiera. La salita finiva di sfibrare le membra già stanche. Non per niente il nome “Scala di Sant’Anna” dato alla mulattiera è diventato nell’immaginario collettivo e nel vocabolario popolare sinonimo di grande impresa, di lavoro che contempla eccessivo logorio…>>.

 

 N.B. Nella foto Nunzia Lonero (a sx, classe 1920, vivente) e Maria Palumbo (a dx, classe 1925) posano allegre durante una sosta della raccolta delle olive in località Marcivico.