Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, sabato 11 dicembre 2021 -  Non tanto perché le case a disposizione sono poche in un centro storico medievale quasi completamente disabitato, quanto perché per rifare una manifestazione grandiosa come quelle negli anni passati occorreva programmare l’iniziativa almeno un anno prima. Obiettivo, quest’ultimo, difficile da prevedere per il malanno ancora in corso, che si chiama Covid, e soprattutto perché il numero degli organizzatori volontari si è ridotto all’osso, impegnato com’è in questa ed in altre emergenze.

Ciò nonostante la tradizione delle feste dicembrine continua. Tanto, in vista del Santo Natale, del Capodanno e dell’Epifania, a cominciare da Santa Lucia, che come da proverbio “Santa Lucia, a Natale ‘tr’d’cia!”,  per finire ai Presepi casalinghi che si moltiplicano a vista d’occhio, come ripiego ma anche perché è usanza più arcaica ed avvertita.

Per quanto riguarda la Martire accecata vi sono due novità, la prima è che la statua di essa ritorna in auge, grazie all'impegno del Parroco Don Santino Di Biase,  restaurata di tutto punto, come le altre, dagli esperti di Molfetta, pronta per essere riconsacrata e presentata nel giorno della Festa, ossia il 13 prossimo, nella rinascimentale Chiesa Matrice, dove si rinnoverà la commovente offerta al popolo delle fave lesse, più o meno allo stesso modo e con lo spirito contrito di come accadeva una settantina di anni fa alla Chiesa del Purgatorio (si veda volumetto “Natale tra ieri ed oggi” di Angelo Capozzi e di chi scrive), di cui riportiamo il passo che segue, raccontato dalla compianta Nunzina Mastrillo:

“ quando si arrivava nove giorni prima di Santa Lucia, qui c’era comare Vincenza, noi eravamo giovinette, che usciva e diceva: “Meh, noi dobbiamo far dire la novena! Meh, mettiamo una cosa ciascuno ché deve venire il sacerdote e dobbiamo far dire la novena di Santa Lucia!”. Il parroco era don Matteo Ponziano (anni ’40). La novena si faceva nella chiesa, c’era il vicinato che partecipava, venivano dalla campagna e anche da più lontano. Si facevano i nove giorni. Il decimo giorno si celebrava la messa, la mattina presto.

Allora si cucinavano le fave, le fave arricciate . Con quelle si riempiva un bel recipiente di creta, dove si raffreddavano facilmente, e si portavano alla chiesa. Il sacerdote le benediceva e ognuno andava a prendersi, per la devozione, quelle che voleva. Dovevano essere cucinate senza sale. E dovevi dire, prima di assaggiarle, l’Ave Maria. C’era un cucchiaio e ognuno ne prendeva quelle che voleva”. Le fave erano una “espressione” della vista, degli occhi. Su Santa Lucia c’era anche una canzone di cui, però, si ricorda appena l’ultima strofa: “… E mamma mi vuole fa’ una serafina / per andare a visitare Gesù Bambino…”.

Si moltiplicano, intanto, anche le iniziative del “Presepio fai da te”, non tanto come ripiego del mancato “Presepe Vivente”, ma anche come avvertita usanza più arcaica della precedente. Ad allestire il suo solito ed ininterrotto “capriccio” di infanzia è Matteo, 82 anni finiti, che ne ha concluso l’allestimento or ora nella sua abitazione sita al primo piano di uno stabile ubicato nel popoloso quartiere di San Rocco.

La collezione dei “Mamucce”, così sono chiamate le statuine è rimasta più o meno invariata nel corso degli anni, tranne quelli sostituiti per via di rottura o integrati in virtù dell’arricchimento delle scene dettate dalla fantasia e dalla ricostruzione storica dell’avvento della festività più importante della cristianità. Nel giro di una settimana, rinnovando il verde con il muschio (qui detto ‘lippo’) e la ambientazione della grotta e delle case, l’illuminazione con una montagna di luci a led, Matteo è riuscito a rimettere in mostra uno dei Presepi più belli della cittadina.

Il suo attivismo sul tema è noto in tutto il paese, perché per moltissimi anni, quando era ancora in servizio come bidello alla locale scuola Media, era lui l’architetto e il motore del Presepe scolastico, così come lo era in quello fatto in casa. Anche questo volta, preso dalla proverbiale onda dei ricordi dell’infanzia e mettendoci  il medesimo impegno, ha ricostruito il suo presepe pari pari a quello degli anni scorsi(vedi foto). Presepe, che sta attirando visitatori da ogni parte, a cominciare dal suo caro cugino Tonino, di qualche anno meno di lui.

Quale è la molla che ti ha spinto a farlo?“Non solo il ricordo dell’infanzia, ma la voglia di stupire le persone che mi circondano”. Insomma è un modo come un altro per sentirsi vivo e sconfiggere con il suo attivismo la brutta bestia che è la noia e la solitudine in genere che di questi tempi si fanno assai sentire in un piccolo centro abitato, come Rignano.