Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, giovedì 5 maggio 2022 -  Il riferimento è all’ampia vetrina che si affaccia nel centralissimo Corso Roma, principale via di accesso del paese per il Borgo antico di origine e fattura medievale. Un tempo l’ambiente serviva a propagandare fotografie ed altro materiale di smercio (si sta realizzando un archivio irripetibile). Al suo interno operavano fotografi e cine operatori di una certa rilevanza.

Ora non più per via di pensionamento dell’uno e dell’altro. Tutto questo permette ora al titolare del possesso di lavorare sodo nel campo che per tutta la vita gli è congeniale, ossia l’arte figurativa in genere. Si chiama Silvio Orlando, classe 1950, già operaio a tempo perso della Sofim in Foggia, come tanti altri del paese, ormai quasi tutti pensionati come l’altro. Scopre la sua inclinazione creativa fin da bambino. Finite le scuole dell’obbligo e approfittando di una sorella maggiore che là risiedeva, la famiglia del ragazzo lo manda ad Urbino, a studiare arte, diplomandosi alla fine con ottima votazione e complimenti del preside e dei docenti incaricati.

Ha partecipato a una infinità di importanti esposizioni locali e nazionali, conseguenti premi ed onorificenze di livello. L’artista è un eclettico in termini di forma e di contenuto. Ha prodotto in naif e in arte cosiddetta povera, ma anche di genere classico, privilegiando i modelli umani, paesaggi ed oggetti naturali, nonché le costruzioni e gli ambienti edilizi moderni. Da contraltare ha un occhio particolare nei confronti dei corpi cosiddetti, a torto inanimati, meglio note come nature morte. Ma non si sa perché, se per effetto del colore , o della sua mano mobile, l’oggetto dipinto acquista una sembianza viva e vegeta, quasi a volersi fare toccare con mano e ad essere ammirata con gli occhi in tutte le sue particolarità e reconditi movimenti.

Lo notiamo e proviamo le stesse emozioni e stupore anche questa volta, guardando l’insieme della vetrina e analizzando nel contempo ogni singola opera plastica, a cominciare dal cesto di melograno, i cui chicchi rossi ti invitano quasi a mangiarli.Mai visti quadri del genere se non nei grandi pittori, come Caravaggio, Cezanne, Edumund Husserl o con pennellate buttate lì per caso a Van Gogh e, per quanto riguarda la delicatezza delle linee, addirittura De Chirico, mentre la concreta naturalezza richiama addirittura alla pittura dei cavalli (uno in piedi e l’altro in orizzontale) della saletta interna di Grotta Paglicci, prima assoluta in Italia, che qui tutti conoscono.

Tra le opere in mostra, troviamo pure i pagliai, una sorta di mini nuraghi in pietra che pullulano nel territorio di Rignano , che servivano un tempo per il ricovero dei contadini. Ci sono poi, pezzi di macere e pietre scavate dall’acqua e dal vento, strumenti litici di richiamo preistorico, teste di animali e quant’altro, dando così all’insieme una bellezza fisica e morale inafferrabile. Insomma, venite in paese a vedere. Va precisato, infine, che le opere non sono vendibili, ma che si possono solo ammirare, almeno al momento. Buona visione!