Antonio Monte

Gargano, domenica 20 dicembre 2015 -  La notte di Natale avvisterai una stella, la stessa, sì, sempre quella che accompagnò l’antico pastore nella grotta dove nacque il Signore. Il suo alone di luce t’addita e par che dica: “vai cristiano anche tu a visitare il bambino Gesù. Lui è là in qualunque ospedale tra chi soffre e sente male, tra i senza casa e i disoccupati, nel terzo mondo tra i menomati, tra i vecchi soli negli ospizi, poveri umili e senza vizi. A costoro porgi gli Auguri di Buon Natale, il grazie muto lo dirà il Signore, è tra loro, nato all’insegna della Povertà, del Patimento, del Perdono”.

Nel castello governato da un regnante, affetto da un male incurante, dimorava un poverello che ogni giorno usciva dal castello per procurare una radice al suo signore ed alleviarlo dal dolore, in cambio di alcuni avanzi scartati dai tanti pranzi. Il poveretto prima di Natale fu colpito dallo stesso male. Digiuni e al freddo restarono poverini: lui, la moglie e due bambini. Il più grande aveva sei anni volendo risolvere gli affanni, il giorno prima della Festa si recò nella foresta. Nonostante il suo impegno non trovò radici ma soltanto legna. Le giornate d’inverno son corte e traditrici e il bimbo per trovare le radici smarrì la strada del ritorno.

Avvilito, stanco e vedendo il buio attorno s’accasciò sotto un albero Giuseppino mettendo la legna per cuscino. Quella notte vi fu la nevicata, l’albero dal carico si è inclinato; i rami curvi crearono il vuoto come per un cassonetto tenendo al riparo il poveretto. Il freddo della nottata fece diventare la neve ghiacciata trasformandosi in pezzi di cristallo come se l’albero avesse il mantello. L’alba con il suo splendore lo irradiò di un gran bagliore. Da quei rami illuminati alcuni animali furono attirati anche se privi di ragione compresero d’istinto la situazione; intuirono che quel bagliore era un segno del Signore.

Ognuno sotto l’albero riporta ciò che aveva per propria scorta: lo scoiattolo le noccioline, la radice medicante il cinghialino, il miele d’api l’orsacchiotto, la cicogna il bergamotto. Poi si udì un gran vociare: Pino, Pino tutti a chiamare, tanta gente in cammino per la scomparsa di Giuseppino. L’evidente illuminazione attirò la popolazione che ritrovò il bimbo arzillo scattante più di un grillo.   Pino mise i doni nel cestino da donare al fratellino e la radice medicante da portare al babbo e al regnante.

 E’ così che accanto al Presepe di Gesù Bambino, si pone l’albero illuminato di pino carico di doni al naturale, è questo che si fa a Natale.        

 Perché durante la Natività e la Resurrezione non si mangia carni per devozione? Perché codesta consuetudine è di tanto rigore? Giacché gli animali sono alleati del Signore.

 

Antonio Monte da Milano