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Nicola Maria Spagnoli

Roma, Martedì 12 gennaio 2016 -  In occasione dell’inattesa dipartita, per commemorare questo artista da molti considerato una colonna del mondo musicale anglosassone, ho scelto un disco, considerata la rubrica, più interessante però per l’artwork piuttosto che per il contenuto, insomma un manifesto dell’arte grafica ma non certo dell’artista. Dal punto di vista musicale dopo il disco considerato capolavoro Ziggy Stardust, ci si apettava, come per tutti gli artisti d’altronde, qualcosa all’altezza invece questo album deluse alquanto la critica.

 Non che sia malvagio o scadente per carità ma rispetto a Ziggy oppure ad Hunky Dory, considerati allora eccellenti prodotti pop, questo si può definire certamente un disco minore e non rappresentativo (come quelli del resto del periodo fine ’80 di Tin Machine!). Del successivo poi, fatto esclusivamente di cover, il commercialissimo Pin-Ups, non ne parliamo nemmeno. Il successo di vendite però, come spesso succede, superò quello dei primi ottimi album e comunque tutte e due le splendide copertine, questa (foto 1) e quella di Pin Ups sono fra le migliori della discografia del “Duca Bianco”, e quindi resteranno nella storia delle Cover Art.

In particolare questa realizzata dalla Duffy Design Concepts, ovvero dalla famiglia creativa Philo, Celi e Duffy ed un altro membro fotografo, che curarono oltre alla grafica anche, personalmente, il trucco del cantante anche se in un primo tempo la scelta era caduta sul volto del musicista con gli occhi aperti (foto 2). Il disco contiene nove brani originali di Bowie ed una anticipazione di Pin-Ups, che uscì lo stesso anno, ovvero la cover della celebre Let’s spend the night togheter degli Stones Jagger & Richard ma anche un altro brano, Whatch that man, possiamo dire che è in fondo una citazione rollingstoniana. Difatti alla fine dell’ascolto del disco appare proprio un esercizio, “in versione pop”, del rock energico degli Stones. Mike Garson condisce, e abbellisce, molti brani con il suo fluido e squillante piano jazz, fra cui la title-track.

The Jean Genie risulta il brano migliore, potente e vigoroso, il resto, fra chitarre aggressive, ritmi neri, citazionismi degli anni ’50 -‘60 coinvolgenti ballate latineggianti (Lady Grinning soul), rimane comunque di una certa qualità un preludio al soul ed al multietnico che dominerà alcuni album successivi. Un disco extra-europeo insomma, che guarda all’America, anche nei testi dove vengono nominate qua e là numerose città degli States. D’altronde nè questo artista nè altri artisti pop (vedi i Beatles) possono considerarsi veri innovatori del rock, piuttosto bravi confezionisti di prodotti di consumo, anche se un merito a Bowie glielo dobbiamo: quando collaborò con Brian Eno nella cosiddetta trilogia berlinese (Low – Heroes – Lodger). Per tornare alla grafica della copertina, Bowie di certo non si risparmiò come del resto nei suoi travestimenti teatrali,

a dire il vero a volte un po’ troppo simili a quelli dell’androgina Grace Jones). Troviamo quindi il volto stilizzato ed un accenno di busto del cantante a mò di antico reliquiario, con gli occhi socchiusi come in meditazione, attraversato da un lampo rosso e blu dipinto a mano, con una strana goccia a forma di ocarina, poggiata sulla scapola sinistra. Una stilizzazione elegante e minimalista, in fondo, del trucco pesante ed esagerato dei Kiss, per non parlare di quello dei precursori, i nostri gloriosi Osanna dei primi ’70, che diventa nell’insieme una vera e propria opera d’arte, specie all’interno della copertina (foto 3) dove Bowie appare a figura intera (e con gli occhi aperti) in posa androgina e asessuata con un grigio perla, come di guaina aderente, che parte dal torace e riempie tutta la parte inferiore del corpo, mancante però dei piedi, quasi fosse una materializzazione eterea e fumogena del Genio della Lampada.

Un pò di decorazione non guastava ed ecco i lampi rossi e blu anche sullo sfondo mentre il retrocopertina presenta solo il contorno grafico della cover con, rigorosamente all’interno di essa, le scritte essenziali. Naturalmente l’azzeccatissima immagine spopolò in tutto il mondo e fu utilizzata un pò ovunque divenendo la “sua” immagine per eccellenza, dai poster ancor oggi diffusissimi all’oggettistica fino a sfociare nella moda e nel fumetto d’autore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                      Nicola Maria Spagnoli

 

Foto1

 

 

 

 

Foto 2

 

 

Foto3