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a cura di Nicola M. Spagnoli             

Roma, venerdì 17 agosto 2018 -  Hipgnosis, una casuale combinazione fra la parola Hip (nuovo, alla moda!) e il greco antico Gnosis (conoscenza!) ha dato vita allo studio inglese di design più celebre al mondo, creato da Storm Thorgerson e Aubrey Powell nel 1968 a cui si aggiunse, dal ’74, Peter Christopherson. Amici tutti e tre dei Pink Floyd, furono imposti alla casa discografica proprio dai nostri musicisti, fin dal primo disco,  seguendo l’esempio dei Beatles che già due anni prima avevano voluto un loro amico come grafico per la copertina di Revolver  inaugurando una moda che da allora in poi ...

 per la maggior parte dei casi, estromise i manager discografici, almeno  dalla scelta grafica. Copertine mitiche che hanno fatto la storia, dalle più elaborate (come quella di Ummagumma o di  Wish you were here) a quelle più disarmanti per la loro semplicità (Atom Heart Mother) a quella, mitica, considerata la migliore di tutti i tempi (The dark side of the Moon). Abbiamo scelto come copertina tipica dei Pink questa di Animals perchè l’ultima di Hipgnosis per un album nuovo di zecca dei Pink, anche se poi ce ne saranno altri, a posteriori, come la Collection dell’81, quello dell’uomo di spalle decorato da lampadine di A momentary lapse of Thunder o anche The Division Bell, quest’ultime due accreditate però al solo Storm Thorgerson.

Quest’ultimo considerato il divo del gruppo Hipgnosis, il più creativo del gruppo,  farà tante, ma tante copertine per altri fra cui possiamo ricordare una delle più riuscite, quella per i Cranberries della compianta Dolores O’Riordan, quella per i Muse o anche per i più recenti Mars Volta e poi un’infinita’ di poster, di pubblicazioni e di mostre sull’argomento, mostre fatte anche di recente e che credo continueranno per parecchi decenni ancora.

Tornando ad Animals vediamo in copertina (foto 1) un paesaggio inglese di archeologia industriale che altro non è che una centrale elettrica londinese dismessa, la Battersea Power Station (foto 2) tipica architettura presente in più Paesi nel boom dell’era industriale ma che in questo caso, per via delle lunghe e possenti ciminiere, sembra un tavolo coppedè rovesciato, emanante quindi un’aria romantica. Questa foto ha impegnato Storm soprattutto come fotografo poichè dal punto di vista tecnico il maialone di plastica gonfio d’elio, tredici metri di lunghezza, per figurare nella composizione fu realmente lanciato verso le ciminiere assicurato a terra da funi, ma aveva proprio voglia di volare tant’è che fece le bizze al momento delle riprese e, almeno si dice, quasi provocò un incidente aereo.

Stando alle cronache, leggendarie o meno non si sa bene, il primo giorno di riprese il cielo non era proprio come lo avrebbe voluto  Storm  cioè alla  William Turner  per intenderci (vedi il retro della cover, foto 3), non era insomma l’ideale, Il secondo giorno però c’era un cielo diverso e comunque accettabile, stile ottocento, che venne quindi ripreso ed  è quello che vediamo. Ed è proprio nel secondo giorno che  successe l’incidente ovvero che il pallone-maiale (Algie il suo nome) scappasse via, liberandosi dalle funi che evidentemente erano troppo sottili, fino ad arrivare a quelle quote aeree provocando l’imbarazzo dell’aviazione britannica.

Il terzo giorno però, il maialone, finalmente recuperato anche se danneggiato ma subito riparato e rigonfiato, rifotografato di nuovo, in aria ma stavolta a quote più normali e poi reinserito fra le ciminiere ma in Photoshop, in maniera discreta quasi da non vederlo a primo acchito. Ma ci fecero caso (e come!) i fan che elaborarono subito teorie le più stravaganti per Algie, che da allora in poi divenne una star, inserito in maniera quasi costante nei concerti  dei Pink Floyd (foto 4) anche se effettivamente l’unico riferimento che aveva  era alla canzone contenuta nell’album e intitolata appunto Pigs on the wings, brano che apre e chiude l’album.

Un album orwellian nei testi, tutti di Waters, cupi e duri  specie contro la religione. Oltre ai maiali ci sono i cani (la lunga Dogs), pecore, schiavi e padroni, insomma è l’album che forse potremmo definire il più politico del gruppo, che però non contiene melodie troppo accattivanti e popolari ma che ci dà comunque il senso dello spessore  poetico dei Pink Floyd. La Battersea Power Station,  forse più della mucca di Atom Heart Mother, più del prisma di The dark side e del muro di The Wall, è diventata  col tempo, essendo d’altronde un luogo reale, quasi un mito, un luogo di culto per fan e curiosi, al pari delle strisce pedonali londinesi di Abbey Road per i Beatles, il loro penultimo disco. Della fabbrica e del maiale ne furono fatti innumerevoli e bellissimi posters, infiniti gadget, molti artisti vi si ispirarono sia con il pennello (uno dei migliori fu J.J. Walker) che con il fotomontaggio.

Insomma i maiali, simbolo della società in generale ma in particolare della politica, del capitale (e di certi ambiti famigliari!) divennero veramente popolari ma forse Storm, a parere iconoclasta del sottoscritto, fu ispirato semplicemente  dalla nota febbre suina che proprio da quell’anno diventò un virus, anche se noto dal 1918, che a tutt’oggi accompagna puntualmente le influenze stagionali.

 

                                                                          Nicola Maria Spagnoli

 

(Foto1) 

 

(Foto2) 

 

 

(Foto 3)

 (Foto 4)