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a cura di Nicola M. Spagnoli

Roma, mercoledì 30 giugno 2021 -  Premetto che questo articolo me l’ha ispirato Mbappè o almeno da quello che ho letto dagli articoli pubblicati dopo la partita Francia- Svizzera riguardo la sua infinita tristezza per il mancato rigore, quindi ho pensato subito al titolo di questo disco. Gli anni novanta non sono certamente quelli che amo di più nella storia del rock ma questo disco mi colpì, allora, soprattutto per la copertina atipica e per le belle illustrazioni dell’allegato libretto.

Nel 95 c’erano già i cd e mi accontentai di quello, non ho infatti altri dischi di questo gruppo e quindi non posso valutare appieno la loro portata e il loro valore (si astengano gli esperti da eventuali, plausibili critiche!). So che siamo al terzo disco del gruppo, un album certamente monumentale, doppio, e quasi tutto farina del sacco di Billy Corgan (suoi 26 brani su 28!), ideatore, singer e polistrumentista degli Smashing Pumpinks. Per molti Mellov Collie è il simbolo del rock dei ‘90, di sicuro la summa del gruppo, un disco diventato cult nel tempo e che ha visto riedizioni per collezionisti e appassionati fino ad arrivare ai cinque dischi cd rimasterizzati più dvd del 2012 (oppure sei vinili!) con artwork integrativo, sempre però dell’illustratore John Craig.

L’idea delle illustrazioni, pare, si debba però al frontman Corgan e ai suoi approssimativi schizzi vittoriani anche se in un primo momento, per elaborarli e trasformarli in arte, ci si era rivolti ad un fotografo rivelatosi eccessivamente esoso. Si finì quindi per privilegiare un illustratore allora abbastanza sconosciuto che amava ispirarsi per i suoi lavori  a certi cromolitografi di vecchia data, ai santini di fine ottocento ed alle illustrazioni vintage di libri per bambini. Il risultato, nella copertina (foto 1) e nel poderoso libretto illustrativo (foto 2, 3, 4, 5, 6, 7) sfiora anche certo pop surrealismo che avrà il massimo rappresentante in Mark Ryden (foto 2), quello della copertina di Dangerous di Michel Jackson, e quindi trattasi di uno stile che ispirerà molti artisti della fine del secolo scorso e che verrà chiamato dai critici Lowbrow Art, per distinguerla dall’Highbrow, la cultura alta, intellettuale.

Craig, almeno nell’immagine di copertina, fa un collage fra pittura alta, com’era suo solito, citando addirittura la Santa Caterina d’Alessandria di Raffaello (foto 8) e per il volto della fanciulla un pittore e illustratore del settecento francese, ovvero La fedeltà (foto 9) di Jean Baptiste Greuze, unendo anche simboli surrealisti (Savinio?) o elementi tratti da antichi calendarietti di barbiere, certamente non quelli più osè dell’ultimo dopoguerra. Certo Jules Crerèt, il maestro indiscusso di questo tipo di arte litografica sarebbe inorridito di fronte a questi azzardati collage ma Craig riesce ad unire e a rappresentare al contempo malinconia, humor e fantasia, sempre in linea con lavori precedenti (foto 10), il tutto in perfetta sintonia con i brani più mesti e pacati del disco, immagini che rimandano, come dicevamo, anche ai santini di una volta (foto 11).

Copertine di questo tipo ne troviamo a bizzeffe nella discografia progressive internazionale ma anche in certo pop psichedelico come nel celebre Barabajagal di Donovan che risale al 1969 (foto 12) ma per la maggior parte soprattutto nelle illustrazioni di libri di fiabe per bambini, appunto i Fairy tales (foto 13). Per finire con il contenuto musicale bisogna dire che il mastodontico lavoro si colloca certamente sul podio dell’alternative rock, la summa del periodo che partiva dai Nirvana per riscoprire molto addirittura dei Beatles più intimisti. Se nel primo disco, quello più esaltato dalla critica del tempo, troviamo in prevalenza suoni acidi quasi heavy metal, Bullet With Butterfly Wings, che hanno fatto la storia del grunge, nel secondo disco affiorano quà e là toni bucolici e fiabeschi come in Thyrty Three, di infinita tristezza come da titolo, a volte quasi unplugged con la pianola e il clavicembalo di We Only Come Out At Night, e l’arpa  in Cupid De Locke, senza contare mini suite progressive come nella noiosetta Porcelina Of The Vast Oceans. Un disco, in conclusione, che non può mancare nelle collezioni del rock ed in quelle delle migliori copertine.

 

                                                                                           Nicola Maria Spagnoli

 

 

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