Antonio Del Vecchio

Foggia, domenica 3 giugno 2018 - Solenne ed avvertita manifestazione, quella trascorsa in mattinata davanti al Monumento dei Caduti, in Piazza Italia, a Foggia. Tanto nell’ambito del programma delle manifestazioni per il 72° anniversario della fondazione della Repubblica Italiana. Il tutto ha avuto inizio alle ore 9.50 in punto con la presenza delle massime autorità civili, militari e  religiose, schierata con l’occasione in gran parata,  con in testa, il Prefetto, Massimo Mariani, Vincenzo Pelvi, arcivescovo Metropolita del Capoluogo, Francesco Morese, in rappresentanza del sindaco Landella, e le rappresentanze di tutte le Forze Armate e i Corpi militari e dei loro rispettivi comandanti o delegati, presenti in provincia.

 Dopo il suono del Silenzio, che ha stretto il cuore a molti, ha avuto luogo l’arrivo e presentazione del Gonfalone della città, premiata con la medaglia d’oro, in virtù dei micidiali bombardamenti subiti nella II Guerra Mondiale. L’anzidetto simbolo era scortato dal Prefetto e dal Commandante del Presidio Militare, Colonnello Pilota Davide Marzinotto. Dopo di che  c’è stata la benedizione della corona d’alloro per i militari morti di tutte le guerre. E’ seguita la consegna delle onorificenze. Si è cominciato dagli insigniti del titolo di cavaliere e ufficiale: Nicolino Volpe (Ufficiale); Carmen Maria Lucia Bucci; Rosa La Torre; Marco Pellegrino; Michele Lorusso; Michele Guerra; Francesco Paolo Genovese (questi ultimi, tutti coll’anzidetto titolo di Cavaliere); Giovanni Mentana (Ufficiale).

E poi sempre, come cavalieri: Aldo Campagna; Pietro Paolo Mango; Andrea Miggiano; Alfredo Ricucci; Maria Schiena, di cui si dirà. Infine, la nomina di Cavaliere dell’Ordine Equestre, concessa a Luigi Orsitto.  Si è passato, poi, alla concessione delle due medaglie. Tra gli insigniti vi sono anche dei garganici. Il riferimento è: a Maria Schiena, già docente di lettere di  lungo corso e autrice di un libro sulla predetta guerra dedicato ai morti del suo paese e di articoli sul tema, apparsi in prestigiose  testate giornalistiche,   che ha ricevuto il titolo di cavaliere, ritirato da lei stessa; a Nicola Rendina, la medaglia della Liberazione, concessa dal Ministero della Difesa e ritirata dal figlio Michele; a Luigi Di Claudio, la medaglia alla memoria, conferita dal Presidente della Repubblica, scomparso nella guerra in parola, a seguito della sua deportazione ed internamento nei lager nazisti, “destinato al lavoro coatto per l’economia di guerra”.

La stessa è stata ritirata dal figlio Matteo, visibilmente commosso. E questo non a caso, non avendo mai conosciuto il padre, partito per la guerra, quando lui aveva appena sette mesi. Ecco in sintesi la storia del militare rignanese, così come riportata nel v. “Io Parto Non so se Ritorno…pubblicato nel 2014. << La storia di Luigi Di Claudio di Rignano Garganico è tra le più travagliate della II Guerra Mondiale. Coniugato con Giuseppina Lonero (1913 – 1979), parte giovanissimo per difendere la Patria sul fronte Greco. Le sue tracce si fermano neipressi di Rodi Egeo. Precisamente a Coo, dove resterà durante tutto il conflitto,conclusosi con l’armistizio dell’8 settembre. Ferito, forse è deceduto in un’infermeria amica. Non è escluso che sia stato deportato in qualche campo di concentramento sul fronte Est. In un verbale del Distretto Militare di Foggia, datato 18 aprile 1947, Di Claudio risulta “disperso nell’Egeo … per eventi di guerra”nel settembre 1943”.

L’ultima lettera scritta alla consorte risale ad un paio di mesi prima. Nella missiva, Luigi si dice felice per aver visto la foto dell’unico figlio, Matteo, nato il 6 settembre 1939 e del nipotino Tonino, nato un anno dopo. Racconta di stare bene, ma di essere indispettito dal fatto di vederla molto graziosa e coperta da un elegante cappotto nero (solo in seguito si scoprirà che l’indumento le era stato prestato appositamente per la posa). Di Claudio, comunque, informa che sul fronte le cose non vanno male e che lui sta bene… Il tutto è testimoniato da un triennio d’intensa corrispondenza tra il soldato e la sua famiglia…, tutte riportate integralmente. Ecco il resto della vita civile e militare dello sfortunato.  <<…Luigi Di Claudio nasce l’8 luglio 1911 da Matteo e da Leonilde Gaggiano nella casa avita di Via Forestelle (Belvedere Est) a Rignano Garganico.Viene tirato su dal latte della mamma e accudito dalla sorella maggiore Maria.

Ormai grandicello, non va a scuola in quanto i genitori sono costretti a risiedere in campagna per ragioni di lavoro ed in paese non c’è nessuno che possa occuparsi di lui. Pertanto Luigi, sin da piccolo, segue ed aiuta il papà nella vita agro-pastorale. Così anche da adolescente e poi da giovane. Alla visita militare dell’ottobre 1932, fatto rivedibile, deve rispondere alla chiamata alle armi della classe 1912 ed assegnato alla ferma minore di primo grado (12 mesi). Nel marzo del 1933 lo troviamo in forza al 24° Reggimento di Fanteria. Conseguito il requisito dell’istruzione militare (sei mesi), è mandato in congedo illimitato nel settembre dello stesso anno. Chiamato alle armi nella guerra d’Africa (aprile 1935) dal Distretto Militare di Benevento viene aggregato al 227 Battaglione di Complemento. Ricoverato all’Ospedale Militare di Messina nel novembre 1935, dopo una licenza di 90 giorni viene assegnato al 20° Reggimento di Fanteria. Sarà collocato in congedo illimitato nel luglio 1936. Nell’estate 1935 si fidanza con Giuseppina Lonero.

Lo rileviamo dal retro di una foto, scattata al mare, forse Messina. Nel 1938 sposa l’amata, di due anni più giovane di lui. Sarà padre dell’unico figlio, Matteo, il 6 settembre dell’anno successivo.Richiamato alle armi nel settembre del 1939 lo troviamo presso il reparto misto Truppe di R.E. Finite le esercitazioni, il 1^ novembre s’imbarca a Bari e sbarca a Rodi Egeo alcuni giorni dopo per essere incorporato nel 9 Reggimento di Fanteria di stanza sull’isola Vi resta sino al 29 gennaio 1940. Quindi, rientrato in Italia, continua a risiedere militarmente a Barletta, in attesa di nuova destinazione. Nel mese di marzo viene mandato in licenza a Rignano. Sarà l’ultima volta che vedrà i suoi cari genitori, la moglie Giuseppina ed il figlio Matteo, allora appenda di sei mesi. Ai primi di giugno 1940, per effetto dell’entrata in guerra dell’Italia, è costretto a rifare lo stesso tragitto di prima: parte da Bari e sbarca all’isola di Coo, nell’Egeo, per la sua destinazione militare definitiva. Infatti, è inserito nel 10^ Reggimento di Fanteria “Reggina”, 9^ Compagnia, III Battaglione.

E’ il suo indirizzo ufficiale di posta militare.L’isola, lunga circa 50 km, è una delle maggiori dell’Egeo. Dista solo 40 Km da Lero e circa 100 da Rodi. La sua importanza era dovuta alla presenza del campo d'aviazione di Antimachia da cui gli aerei potevano alzarsi in volo e coprire tutto lo scacchiere. Alla fine di ottobre Coo diventa teatro di uno dei tanti crimini di guerra perpetrati dall’Esercito Tedesco nei confronti dei militari italiani che, tenendo fede al giuramento prestato, si rifiutano di aderire alla Repubblica di Salò. L’isola, strategicamente importante per il controllo del Teatro Operativo dei Balcani attraverso il locale aeroporto, era presidiata oltre dalle truppe del 10° Reggimento di Fanteria “Reggina”, da unità di Artiglieria sostenuti da 1500 militari britannici giunti poco dopo l’8 settembre 

1943. L'isola è attaccata il 3 ottobre 1943 e le soverchianti forze tedesche, dopo 36 ore di combattimento, costringono alla resa i difensori. Circa 3000 dei 4000 militari italiani vengono catturati ed ammassati nel locale castello senza alcun rispetto delle norme della Convenzione di Ginevra. Ai militari britannici catturati invece è riconosciuto lo status di prigionieri di guerra. Dei 148 ufficiali italiani 7 passano con i Tedeschi; 28 riescono a fuggire in Turchia; 10 vengono ricoverati in ospedale e poi trasferiti in Germania; 103 vengono fucilati, compreso il comandante Felice Leggio, con l’accusa di tradimento. Sicuramente tra i prigionieri c’è anche il Di Claudio, ma non si sa come e dove muore: tutte le piste finora seguite non hanno rivelato alcuno indizio. Forse venne internato in qualche campo di concentramento dentro/ fuori la Germania…>