a cura di Nicola M. Spagnoli

Roma, giovedì 14 dicembre 2017 -  Gli Osanna sono una formazione storica del rock italiano, legati da sempre allo stile Progressive con il passare degli anni, dei decenni diremmo, sono sempre rimasti fedeli alla linea e attivi per merito del fondatore storico  e cantante Lino Vairetti.  Non ho ancora ascoltato l’ultimo live Papè Satàn Aleppe che pure mi dicono molto bello ma con nella testa le potenti note del precedente doppio vinile live Prog Family in cui David Jackson lo storico sassofonista dei Van Der Graaf Generator fa la parte del leone  entriamo in Palepolitana, l’ultimo loro lavoro in studio.

 Una chicca quindi per gli appassionati del progressive e non solo e una possibilità per tutti di conoscere i nuovi Osanna che non ci finiscono mai di stupire. La chicca è rappresentata dalla riproposizione, questa volta integrale, del capolavoro del 1973, Palepoli che dal 1980 era stato riproposto, sia in CD che in vinile, in maniera artefatta e, a dire dello stesso Vairetti, alquanto arbitraria. Difatti il secondo brano Stanza Città qui lo si ritroviamo  finalmente integro mentre ai tempi, nel lontano 1973, era stato in parte inserito nel primo brano in scaletta dell’allora  trentatrè  ovvero in Oro Caldo. Ci sono state quindi anche altre dovute integrazioni che ci ridanno quest’album,  capisaldo di Rustici/Vairetti  e per molti addirittura simbolo del progressive italiano, nella sua interezza, un album che  doveva essere, nelle intenzioni del gruppo di allora, un doppio LP con alcuni brani che poi vennero inseriti sia in Milano calibro 9 che in Landscape of Life.

Qui i nuovi Osanna ci offrono una rilettura fedele alla partitura originale dei tre brani, il terzo  Animale senza respiro è rimasto com’era, una rilettura naturalmente più incisiva e godibile con l’esperienza pluridecennale accumulata da Vairetti  e con la tecnica che offre l’oggi e, soprattutto,  con l’importante mastering di Bob Fix. Ma arriviamo alla novità ovvero a Palepolitana, il novissimo lavoro del doppio CD  che come nome deriva da quello antico della città e naturalmente dal loro hit Palepoli, un nome mischiato al lessico contemporaneo ovvero a Metropolitana. Questo perché la subway della città di Napoli è giustamente diventata famosa per le opere d’arte di cui è disseminata e quindi arte e musica, tradizione e innovazione che si sentono e si vedono  benissimo anche per via del recupero di  famosi versetti come in Santa Lucia o Michelemmà.

 Di quest’ultimo brano da sottolinearne la coralità a cui hanno partecipato anche i detenuti del carcere di Secondigliano, persone che fanno parte di un progetto promosso dal CPM di Franco Mussida. Sonorità comunque, com’è nella tradizione del gruppo, teatrali un po’ ovunque dominate dalla ancora bella e chiara voce di Vairetti, sonorità che fanno venire alla mente La Gatta Cenerentola di Roberto de Simone e comunque molto del folk tradizionale partenopeo. Il tutto unito e intramezzato naturalmente dal rock tipico degli Osanna come in Ciao Napoli che altro non è che un inno alla città, alla capitale del Mediterraneo, un grido d’amore in difesa della propria terra, delle proprie radici e delle sue millenarie tradizioni:

 

I Decumani, le chiese e i suoi castelli

E l’avanguardia tra stazioni e metrò

Una armonia di splendidi gioielli

Da Sansevero, Caravaggio a Totò

E poi misteri e colori

E poi mercati d’amore e di libertà

La musica sposa l’arte

Un’eco che arriva fino a Marte.

Nella title track anche torniamo al rock e il gruppo, seppur rinnovato, ritorna quello di un tempo, quello dinamico ed esplosivo che ci impressionò sin dal  primo album con i riff che si alternano alle voci che cantano, come allora, le contraddizioni dell’uomo contemporaneo. Nel breve ma intenso strumentale AnTo train andiamo oltre, nel jazz più sofisticato con il piano alla Brubeck di Sazà Priore che si intreccia e gioca con i sintetizzatori di Irvin Vairetti e con il sax di David Jackson per poi sfociare  nell’intensa e significativa Anni di Piombo, brano non a caso titolato come il celebre film della Von Trotta.

Da segnalare ancora la dolce strumentale Letizia con  gli intrecci acustici della chitarra di Pako Capobianco, poi la  voce di Sophia Baccini in un sublime canto a tre di Canzone Amara in cui anche il violino e il quartetto d’archi di Gianluca Falasca la fanno da padrone. Per finire troviamo il brano Profugo cantato in maniera intensa da Irvin Vairetti,  brano molto attuale sul tema dell’ immigrazione e dell’integrazione,  tratto da versi del poeta palestinese Mahmoud  Darwish.  Dicevamo che l’arte si vede anche, sia perché il leader Lino Vairetti è anche un artista figurativo come dimostrano questa e le copertine degli ultimi album della band (notevole e da non dimenticare quella di ProgFamily con lito allegata).

L’immagine di copertina di Palepolitana è alquanto trans-avanguardista con il vulcano eruttante (vulcano che ritroviamo anche nella prospettiva della busta della nuova Palepoli) circondato da sei maschere di pulcinella colorate, tante quanto i componenti ma con in più, nell’ampio libretto da 24 pagine, accanto a scatti d’epoca, innumerevoli scatti dei nostri eroi fotografati da Riccardo Piccirillo in un ambiente del tutto particolare, nell’atelier e fra le sculture, molto rappresentative degli umori partenopei, di Lello Esposito.

 

                                                                         di Nicola M. Spagnoli