a cura di Nicola M. Spagnoli                                                         

Roma, venerdì 2 novembre 2018 -  Pierangelo Bertoli è stato un grande protagonista del cantautorato italiano, di protesta e non solo, molte sue canzoni hanno fatto riscoprire l’autocoscienza, nonché la musica dialettale, la musica etnica, il rock e, nonostante il fatto che la poliomelite l’avesse colpito da bambino ha avuto grande determinazione, coraggio e soprattutto ha espresso la sua vena di musicista, la sua vena  poetica e la rabbia che aveva dentro senza peli sulla lingua, sui dischi come nei concerti ed anche, con una certa fatica, in televisione.

 Dopo il grande successo del brano Spunta la luna dal monte portato a Sanremo dell’anno precedente con i Tazenda, e ce n’è voluto di coraggio allora per questa scelta…commerciale, l’anno dopo,nel 1992, Pierangelo Bertoli torna coraggiosamente al Festival ma stavolta non con una canzone che si nrifà alla tradizione folk della Sardegna ma con un brano decisamente diverso, arrabbiato, politico potremmo dire, ovvero Italia D’Oro. Brano che si riallaccia a quelli dell’esordio discografico con la CGD nel 1976 come l’ecologico Eppure soffia e successivi, ma già di grande successo, come la celebre A muso duro o con l’album del 1984 Dalla Finestra in cui è palese la sua adesione alla sinistra libertaria. Il suo grave handicap lo costringerà per tutta la vita, conclusasi nel 2002 per un tumore ai polmoni, sulla sedia a rotelle ma ciò non gli impedirà di manifestare tutta la sua vena poetica, di essere un militante e di diffondere, soprattutto nei concerti, il suo credo, il suo sdegno e le sue speranze che sono quelle degli sfruttati, degli ultimi, degli emarginati.

Caterina Caselli, nata come lui a Sassuolo, aveva scoperto questo atipico cantastorie, che dal ’73 aveva inciso singoli e album con etichette minori, tramite il suo chitarrista Alete Corbelli che gli aveva fatto sentire l’album Roca Blues e, con determinazione, lo vorrà nella scuderia dell’etichetta del marito Piero Sugar, appunto la CGD sotto cui rimarrà alcuni anni. Anche questo album di cui parliamo ebbe un buon successo, ed era l’anno della sua candidatura nelle liste di Rifondazione, certamente riscontro inferiore a quello precedente che era una raccolta e che arrivò addirittura ai primi posti della classifica degli album più venduti ma era, eccetto la ripresa delle due canzoni sanremesi, un album essenzialmente di inediti, di canzoni socialmente e politicamente impegnate “Te ne sbatti di noi, mangiati vuoi, fin quanto lo potrai, tanto non paghi mai dalla title track nonchè altre canzoni tenerissime e personali Ninna nanna ai miei bimbi e intimiste Susanna o I fiori che tu. Popolari furono i suoi duetti come quello con Fiorella Mannoia in Pescatore e quella con Fabio Concato in Chiama piano. Senza contare quelle con Ligabue e Grazia di Michele o con Ornella Vanoni.

Da riscoprire infine senza dubbio le canzoni dialettali e il perenne ricordo che molti, soprattutto artisti, hanno di lui sfociato in quel tributo (Nomadi, Stadio, Lauzi, Nek , Carboni, Fiorello etc.) del 2005 voluto dal figlio Alberto, anch’egli valido cantautore e interprete, anche nel Cd, di un brano-omaggio scritto da Ligabue. Questa copertina, terribile e significativa (fig. 1) contiene un disegno figurativo di Maurizio Cercola…teste pelate che si divorano a vicenda e che simbolicamente rappresentano certo cinismo italico, fatto di gente che pensa esclusivamente a se stessa divorando addirittura quello che gli sta a fianco. Una visione certamente di derivazione dantesca, dalla celebre storia del Conte Ugolino immortalata da tanti dipinti e disegni come questo celeberrimo di Gustave Dorè (fig.2) ed anche da sculture come nel pompieristico J.B. Carpeaux. Certamente Cercola ha fatto copertine più popolari come quella per Pino Daniele, Schizzechea with love, o per Francesco Guccini, Fra la via Emilia e il West, ma qui ci piace ricordare la copertina di un album di non eccessivo successo ma con un disegno, bruegeliano e al contempo ironico e sdrammatizzante, ovvero Fantanasia della Nuova Compagnia di Canto popolare, oltre a molti dischi di musica classica.

Specie dei primi anni settanta vogliamo ricordare, come di solito facciamo per una certa analisi comparativa, altre copertine che possono riferirsi al climax rappresentato da Cercola come l’esordio dei Capsicum Red, prima band di Red Canzian, Appunti per un’idea fissa (foto 3), un disco oggigiorno abbastanza raro o il rarissimo Follia di Fabio Celi (foto 4). Per restare in campo prog anche il Io non so da dove vengo etc. etc. dei  De De Lind o il primo sperimentalissimo Dedalus potrebbero essere citati come copertine nonché, in terra d’Albione, l’arrabbiatissimo e proto punk, nei testi, Third World War (foto 5) o anche il più pacifico ma enigmatico Asylum dei Cressidra . Due dischi nostrani, relativamente più recenti e che rendono un po’ l’idea del disco di Bartoli sono certamente Saldi di fine Stagione di Roberto Vecchioni o il terribile e al contempo ironico capolavoro di Luciano Tallarini, una copertina eletta la migliore dell’anno 1979 e poi esposta, in rappresentanza dell’arte grafica italiana, anche al MoMa di New York. Parliamo di Attila di Mina, disco da un milione di copie ed esordio del di lei figlio Massimiliano. Copertine mitiche del nostro cantastorie ve ne sono come il pugno chiuso con microfono bandito come un martello di A muso duro ma poiché qui abbiamo trattato quelle con disegni piuttosto che fotografiche non possiamo non ricordare anche i delicati portraits di Giorgio Casone per Frammenti del 1983.

 

                                                                                                    Nicola Maria Spagnoli

 

(Fig 1 )

 

(Fig. 2)

 

(Fig. 3)

 

(Fig. 4)

 

(Fig. 5)

 

 

Video  Italia d'oro - Pierangelo Bertoli