A cura di Nicola M. Spagnoli

Roma, venerdì 11 settembre 2020 - La Bertè oggi come oggi da alcuni detrattori è considerata sì una cantante dotata ma viene beffeggiata anche come la cantante pazza o una pazza che canta, a torto. Le sue vicissitudini certamente non sono state tutte felici da parte famigliare (la sorella Mia Martini morta in circostanze mistreriose, senza contare le disillusioni personali,  sentimentali e artistiche).

Si tuffò nell’arte sia come modella con il notevole fisico che si ritrovava a vent’anni (finì anche sulla copertina di Playboy!) sia nel campo della commedia musicale e della canzone, inizialmente come corista, anche con partecipazioni storiche importanti come nella prima pop opera rock italiana che fu il famoso Orfeo 9 di Tito Schipa jr. in cui esordiva anche Renato Zero che da allora, a tutt’oggi pare, divenne suo amico e confidente. Il suo primo Long Playng, Streaking che vuol dire proprio girare nudi tra la folla, era provocatoriamente improntato su tematiche sessuali, fu pubblicato nel 1974  e fece molto parlare di se anche per le foto osè dell’artista che conteneva e per la parola cazzo, per la prima volta inserita in una canzone.

Questo album uscito nel 1979, BANDABERTE’, rappresenta una svolta importante dopo i primi successi a 45 giri, da molti ritenoto il migliore e quindi per il suo quarantunesimo anniversario (della pubblicazione s’intende), ripercorriamo insieme i punti forti del lavoro a partire dalla copertina  fra le prime, in Italia, digitalizzate, opera di Luciano Tallarini uno dei nostri più geniali e creativi art director che ha fotografato, disegnato e curato con geniale estro e fantasia le copertine più belle e famose dei grandi artisti della musica italiana, con prevalenza assoluta per il genere femminile. Luciano questa volta, e non solo, si è avvalso della collaborazione del grafico Gianni Ronco, un tandem felice sia in questo caso ma soprattutto nei riguardi di molti dei lavori di Mina specie per quella del doppio Attila, una copertina anch’essa esplicita..

Le copertine per Mia Martini, Milva, Vanoni, Carrà, Patty Pravo, Berti, Marcella, Cinguetti, Alice e perfino Giuni Russo, tanto per citare le artiste più famose, hanno fatto la storia della grafica discografica ma, anche, non bisogna dimenticare, quelle per De Andrè, Bertoli, Fortis, Vecchioni, Zero e Celentano nonché di gruppi fra cui Pooh e Squallor a partire dal pre-progressive Ad Gloriam delle Orme. Questa copertina con una pistola che si scioglie, essendo di cioccolata, nelle mani della cantante anche appare simbolista e di tipo sessuale, riferimenti che troviamo oggigiorno, esplicitamente, su alcune copertine di dischi anche italiani come quella, censurata, dei Cripple Bastards.

Di altro tipo la mitica pistola degli Area nel loro primo mitico album o quella dei Rancid più recente ma se dobbiamo entrare nel divertimento ecco, in precedenza, il celebre film con la Vitti, La ragazza con la pistola ripubblicato di recente in picture disc o il Dio perdona io no della celebre coppia Terence Hill-Bud Spencer, a cui si rifà nel titolo, ma in maniera più cruda nell’immagine, anche  il rapper Enzo Dong. Per tornare al contenuto da sottolineare i due omaggi a Battisti, la ritmica giamaicana riuscita, il maestro Lavezzi era anche il produttore, ma dal testo non-sense di Avogadro di …E la Luna Bussò, lo stato di grazia di Dedicato di Ivano Fossati, due grossi hit a 45 giri, e poi Colombo di Ivan Graziani e le gradevoli Robin Hood, Folle città o Peccati trasparenti, in sostanza quindi un sette più completo sia per la copertina che per le canzoni.

 

                                              Nicola Maria Spagnoli

 

foto1

 

 

foto2

 

foto3

 

foto4

 

foto5

 

 

foto7

 

foto8

 

foto9