di Antonio Del Vecchio

San Marco in Lamis - lunedì 25 gennaio 2016 -  Si rinnova la Schoah con l’arte di Nick Petruccelli, a San Marco in Lamis. Questa volta, lo si fa a livello virtuale, ossia tramite lo strumento - linguaggio del Web, il più veloce e consono a raggiungere cultori e profani di tutto il mondo. L’unico limite è il numero delle tele, al momento ridotto all’essenziale, rispetto a quanto già esposto sia al Convento di San Matteo ed altrove, sia presso qualche scuola della città (per un totale di 22 tele), come già accaduto lo scorso anno al plesso “D.Compagnone”, grazie all’impegno di alcuni volenterosi insegnanti e del dirigente scolastico Giuseppe Soccio, scrittore e storico. Tutti interessati a fare propria l’iniziativa diretta a commemorare sul piano prettamente pedagogico - culturale la “giornata della memoria”, che come noto, ricade il 27 gennaio.

 E ciò per ricordare alle nuove generazioni uno dei più gravi ed abietti misfatti della storia dell’umanità, quale fu lo sterminio degli ebrei, perpetrato con ferocia dai Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Così facendo si intende – a quanto ci ha confidato lo stesso artista – restare nella carreggiata della tematica, in attesa della realizzazione di un sito più complesso e completo, dove concentrare  la sua vasta ed articolata produzione (circa 1000 opere). Come già scritto,  l’arte petrucelliana che ha al centro del suo interesse “l’uomo con il suo destino” nelle sue molteplici espressioni, ben si presta al discorso filosofico  dell’homo homini lupus, ossia della crudeltà umana elevata all’ennesima potenza quale fu appunto la persecuzione anti-semitica. “ Al riguardo, a quanto ci  fa notare lo scrittore e critico Leonardo P. Aucello (“Nick Petruccelli -  Opere 1968 – 2008 “, Claudio Grenzi Editore, 2009), “si coglie subito l’impressione di come il pittore avverta il disagio come uomo e come artista di sentirsi smarrito e umiliato davanti ad uno scenario apocalittico di belve feroci in cui egli pare essere compartecipe con lo spirito e con l’animo all’inenarrabile rassegnazione dei deportati nei lager durante le varie fasi (deportazione,segregazione, morte per fame, asfissia e distruzione nei forni crematori)…”. C’è di più.

In alcune tele l’autore ripropone la cosiddetta “sperimentazione scientifica”, ossia lo sventramento di cadaveri di donne incinte per sezionare ed analizzare l’embrione e/o addirittura l’eliminazione del feto gemello…”. La pittura di Petruccelli cattura lo spettatore più della ferocia nazista, perché suscita “amore e pietas” verso il proprio simile. I volti dei deportati dei lager (Dachau, Auschwitz, ecc.) sono soffusi dalla stessa pacifica rassegnazione  che impregna l’animo dell’artista,  e dalla stessa dolcezza, come afferma l’autore, che si riscontra nei volti dei tanti “Cristo” da lui realizzati nella scultura (legno, pietra e metallo). La selezione fotografica odierna (rilevata dal citato catalogo grenziano) , comprende i seguenti titoli e tele “parlanti”:  “Residenza della morte” (cm. 73 x 53),  “Bambini inabili al lavoro” (cm 53x73), “Nuovi arrivi al campo” cm63x53), “Il blocco della morte” (cm53x73), “Propaganda del regime” (cm 100X100), ”, “Auscwitz -I sotterranei” (cm 100 x100), “Crematorio”, “Fabbrica della morte” (cm 63 x 53), “Esperimenti aberranti” (cm 63 x53). Le tele, eseguite con colore acrilico e nitro,  ci colpiscono per la loro profonda espressività, richiamandoci alla memoria fatti terribili e spaventosi e trasmettendoci le emozioni più diverse e forti, che vanno dalla “tenerezza - compassione” nei confronti dei volti dei bambini alla rabbia – condanna verso i volti truci dei carnefici.

Seppure diversi gli uni dagli altri, le vittime sono accumunate per l’angoscia e la pietà che si legge nei loro sguardi assenti e vaganti. Gli uomini sembrano tanti poveri “Cristi”, le donne sembrano tante “Madonne addolorate” e i bambini sembrano tanti “uccellini spaventati”, come ha scritto qualcuno, davanti a sparvieri con unghie robuste e becchi adunchi. Pare che il “Lager” abbia sfregiato i loro connotati umani, ma non  il fuoco della coscienza, a quanto si nota  nelle pupille semispente. Il ricordo di questi volti, però, non ci porta alla disperazione, ma alla presa di coscienza di una “iattura” storica, che non dobbiamo mai dimenticare, per evitare che i vichiani “corsi e ricorsi” della storia ce lo riportano davanti, come purtroppo di tanto in tanto ci fanno intravedere gli estremismi ideologici di tutti i colori e fedi, a cominciare dall’Isis.