Redazione

San Marco in Lamis - mercoledì 6 aprile 2016 - In occasione del settimo anniversario del terremoto avvenuto a L'Aquila vogliamo proporvi la relazione fatta dalla volontaria Tanja Masullo che insieme al volontario Michele Ianzano, entrambi iscritti all'Associazione di Protezione Civile S.O.S. - S.E.R. SM27 di San Marco in Lamis, parteciparono alle operazioni di soccorso. "Eccomi qui a ripercorrere una delle esperienze più belle della mia vita… è davvero strano come una tragedia simile possa riempire il cuore di una persona… è davvero strano sapere di avere tanto, o forse tutto e di dover incontrare il nulla per capire dove si trova la felicità, quella vera!

 

Il tutto nasce da una ribellione della terra, il terremoto, che ha colpito questa volta la provincia di L’Aquila… Dico questa volta perché già in passato io ho vissuto indirettamente questo terribile evento, quando a San Giuliano ha fatto spiccare il volo a tanti piccoli angioletti…

Eppure devo riconoscere che a seguito di questi due terremoti la mia vita è cambiata… come certamente lo è quella di miglia di persone, non solo abruzzesi…

Quello di quest’anno è stato un venerdì santo non convenzionale. Mentre le fracchie bruciavano nel mio paese con il nastro nero in segno di lutto, io ero intenda a preparare le valigie e a chiedermi cosa poteva più o meno tornarmi utile per vivere fuori casa qualche giorno… Non mi ero ancora resa conto del fatto che andavo in un posto dove il nulla regnava e dove dovevo portare con me solo un po’ di conforto e tanti sorrisi, null’altro, perché lì mi sarei accorta che non conta più, in certe occasioni, quello che si ha, ma conta tutto ciò che si porta nel cuore!

Giunte le ore 24 sento finalmente il campanello suonare: era Michele, il mio compagno di viaggio, l’altro volontario con il quale per la seconda volta partivo per un posto terremotato; già a San Giuliano di Puglia insieme avevamo vissuto momenti tragici, con gli occhi colmi di lacrime e il cuore affranto per tutti quei bimbi, oggi angeli di San Giuliano. Già lì insieme avevamo giocato e cercato di portare un po’ di sorrisi agli altri bimbi, e perché no, anche ai genitori e ai nonnini che davvero avevano perso ogni fonte gioia… chissà se oggi hanno recuperato almeno un po’ di serenità!

Michele ha citofonato al campanello di casa mia e io con il cuore in gola sono subito scesa… un po’ di ansia mista a paura ce l’avevo… in tv avevo visto cosa era riuscito a distruggere il terremoto, e già a San Giuliano avevo capito che era poco a confronto del dolore lasciato, indipendentemente dalle macerie…

Di corsa sono scesa, dovevamo essere puntuali: all’uscita dell’autostrada di Poggio Imperiale all’1.30 ci saremmo dovuti incontrare con altri volontari di Sannicandro Garganico e di Lucera per partire in autocolonna.

Insieme a noi sono partite altre due macchine che trasportavano viveri di ogni genere: in queste circostanze noi uomini diventiamo tutti più buoni. In paese c’era stata la corsa alla donazione, tante persone e negozianti hanno regalato cose di prima necessità e non solo, affidando a noi del volontariato il compito di portarli a L’Aquila.

Forse il Signore, che conosce il nostro egoismo, ma anche la nostra bontà, a volte nascosta, si serve anche di queste terribili vicende per darci una possibilità!

E anche il governo, che in tante occasioni, quasi tutte direi, mostra spaccature e diversità di pensiero e azione, in queste situazioni diventa compatto e dà il meglio di sé! È proprio vero, alla fin fine, noi uomini ci vogliamo bene!

Tutta l’Italia si è abbracciata intorno a L’Aquila. Persino la società autostrade (o qualche convenzione instaurata con il governo) ci ha dato la possibilità di viaggiare gratuitamente: noi volontari che andavamo a L’Aquila dovevamo avere ogni supporto.

Alle 6.00 eravamo a L’Aquila, o meglio in una città distrutta, dove solo le macerie e qualche resto inondavano di tristezza e desolazione i nostri cuori…

Senza dire una parola, solo con uno sguardo ci siamo intesi: non esiste limite al peggio: questa volta il terremoto aveva colpito tutte le abitazioni… questa volta l’ha fatta davvero grossa!

Giunti a Coppito, Comune che ha ospitato le bare dei 309 morti a causa del terremoto, ci siamo recati alla Scuola della Guardia di Finanza, dove era stato allestito il Centro di Coordinamento Superiore della Protezione Civile: dovevamo essere registrati e divisi per gruppi di lavoro, dunque inviati in un campo. Questo momento è stato entusiasmante: entravamo a pieno titolo a far parte dei volontari di L’Aquila e da quel momento in poi avremmo dovuto prestare servizio per quella gente che era rimasta, affranta dal dolore, senza più nulla, e anche per quella gente che non c’era più!

Salutati i nostri amici Giovanni, Gianni, Massimo e Matteo che avevano trasportato i viveri e hanno fatto subito rientro a casa, percependo nei loro occhi un po’ di dispiacere per non poter restare, siamo stati accompagnati a Pianola, dove era stato allestito il campo nel quale noi dovevamo prestare servizio.

E a Pianola è cominciata un’altra bellissima e stravolgente esperienza...

Bellissima perché ho conosciuto tanta bella gente, ho vissuto momenti di grande serenità interiore, ho incontrato una mamma, Fiorella, che aveva perso tutto e che è venuta a cercarmi perché avevo la divisa sporca e voleva lavarmela, ho fatto amicizia con Melissa, una bimba dagli occhi verdi, con i capelli lunghi e biondi, tanta voglia di vivere e infinite speranza nel cuore…

Stravolgente perché… non ho parole per esprimere, basta solo immaginare la totale desolazione che può produrre la completa distruzione di edifici, case, scuole… e tutto ciò che essi contengono… non solo le cose, ma anche i ricordi... per non parlare delle persone rimaste sepolte dalle macerie… e dell’attesa angosciante al momento dell’estrazione… aumenterà il numero dei sopravvissuti oppure quello delle vittime? E in tutto questo la terra tremava ancora, non si fermava, non dava tregua, mentre negli occhi di tutti si leggeva paura…   paura che tutt’oggi terrorizza…

A Pianola il campo era attrezzatissimo, non mancava nulla ormai… una vera e propria gara di solidarietà e un’ottima organizzazione della Protezione Civile… eppure sembrava mancare tutto nel momento in cui ci si ricordava del motivo per cui si stava tutti lì. E al centro del campo dominava la statua di Padre Pio…

La gente era dolcissima, gentile, non smetteva mai di dire grazie… anche se oggi sono io che dico grazie a loro… alla loro dolcezza, al loro coraggio, alla loro forza… Eppure ogni tanto si sentivano terribili e rumorosi, tuonanti quasi, silenzi… è lì che si percepiva quanto la disgrazia era ed è grande… nel momento in cui nella mente di qualcuno riaffiorava un ricordo svanito, o addirittura quello del terremoto stesso, le lacrime prendevano il sopravvento… e il bello stava nel sorriso dell’altro che, magari, aveva smesso di piangere l’attimo prima…

Durante i 7 giorni di soggiorno nel campo di Pianola ho incontrato anche altri volontari; è stato bello confrontarsi e raccontarsi le esperienze vissute, ma soprattutto mi ha colpito la collaborazione completa che c’è stata, nonostante eravamo di gruppi e zone diverse: rispetto al terremoto e alle sue conseguenze, i problemi che a volte si vivono nel gruppo sono nulla, perciò era bello vivere insieme e soprattutto prestare servizio.

Rappresentavamo un po’ tutta l’Italia, isole comprese… eravamo semplicemente l’espressione di uno stato ferito, che voleva dire ha colpito tutti, non solo voi, e noi altri siamo pronti a ricominciare con voi e a darvi una mano, a darci tutti una mano… per stringerci in un girotondo!

Fare la cronistoria di questa esperienza è stato difficile, ma in parte sono riuscita… molto più difficile sarà descrivere le sensazioni vissute… dire che ho versato lacrime di rabbia e poi anche di gioia è troppo poco. Proverò a spiegarmi meglio…

Con i vigili del fuoco, eroi del nostro tempo, siamo andati ad Onna, il paesino completamente distrutto dal terremoto. Qui abbiamo visto solo macerie, sassi, rovine… e un unico edificio rimasto in piedi: una scuola, quasi a dire che tutto ha distrutto, ma ancora resta la speranza di un futuro… Ad Onna abbiamo passeggiato attraverso i resti e ad un certo punto mi ha colpito l’incessante suono di una sveglia… lì ho versato lacrime di rabbia al pensiero che quella persona, molto probabilmente, non si sarebbe mai più svegliata!

Come si suol dire non c’era anima viva… desolante come non mai… eppure un cane girava senza meta in cerca non so di cosa, ma posso immaginarlo, senza mai allontanarsi dalle macerie!

Alla fine di questa escursione non avevo parole per esprimere il mio dolore e la mia rabbia al pensiero degli sciacalli che senza alcun pudore cercavano di rubare quel poco che era rimasto a quella povera gente o quel poco che avrebbe potuto recuperare…

Basti pensare che c’è stata gente che ha approfittato dei pasti distribuiti, oppure che ha rubato le divise dei volontari per avere accesso nelle tendopoli e tra le macerie. Purtroppo siamo stati costretti, per questo, a dover distribuire dei buoni pasto ai residenti del campo oppure a controllare gli ingressi e le uscite per un fatto di sicurezza.

Comunque, aldilà di questi strani personaggi, che per fortuna sono molto pochi rispetto a quanti, da vicino e da lontano, sono stati presenti in questa tragedia, devo dire grazie a due volontari in particolare, che senza appartenere ad alcuna associazione di volontariato hanno lasciato la loro vita e sono entrati a pieno titolo a far parte del volontariato: Cristiano che, animando, ha seminato e raccolto tanti sorrisi e Fabio che ha sorvegliato il nostro campo.

Strano a credersi, ma tra le lacrime tristi di disperazione, alla fine ho versato anche lacrime commosse di gioia: l’aver trovato tanti nuovi amici, volontari e non, con ideali comuni, il dormire 5 ore a notte e non sentire la stanchezza, l’abbraccio di un anziano che benediceva la mia mamma, il comunicare con una sordomuta dagli occhi loquaci, le tante strette di mano della madre di Melissa e i suoi baci e abbracci,  i disegni dei tanti bambini del campo, e soprattutto le telefonate che ancora oggi ci facciamo, le lettere che ci scriviamo e gli appuntamenti che ci siam dati…

Siamo tornati a casa con la voglia e l’idea di ritrovarci tutti, perché insieme abbiamo scritto un tragico capitolo della storia d’Italia, importante per le nostre vite…

Perché nei nostri cuori è rimasta la speranza di un bimbo, dell’età di 4 anni appena, che giocando con le costruzioni ha costruito una casetta… e al quale abbiamo promesso che non sarebbe caduta!

Perché prima di partire i residenti del campo ci hanno consegnato una lettera che voglio condividere con tutti coloro che nel loro piccolo hanno fatto in modo di essere vicini a loro:

Avete lasciato tutte le vostre case, il vostro benessere e vostri agi senza crearvi nessun problema, spinti da uno slancio di generosità e d’amore verso di noi.

Senza conoscerci siete venuti a portarci il vostro aiuto.

Noi non possiamo offrirvi nulla, non possiamo ospitarvi, non possiamo farvi conoscere la nostra città “bellissima”.

Oggi per noi siete tutto: fratelli, sorella, padri, madre e con il cuore noi vi diciamo “Grazie” perché ci siete. Grazie per tutto quello che fate. Siamo certi che nessuno vi dimenticherà a voi tutti e alle vostre famiglie non possiamo che dirvi di nuovo grazie e che Dio vi Benedica.

Tutto questo a conferma del fatto che la mia Pasqua, e non solo la mia, penso, quest’anno sia stata una vera Pasqua…"

Tanja Masullo