Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, giovedì 14 luglio 2016 -  Mentre il padre è morto, il figlio di Provenzano, Angelo fa la guida turistica a Palermo (è vero!!!) Il turismo nel nostro Paese sta attraversando, come tante altre cose, un bruttissimo periodo di crisi. E per riuscire ad attirare i turisti dall’estero soprattutto, in Sicilia hanno pensato di far… intrattenere i gitanti nell’isola, anche dall’arte oratoria del figlio del boss Bernardo Provenzano, Angelo

 Evidentemente non bastano più le 15 fontane monumentali, le 90 tra chiese e monasteri, i 30 musei, i quasi 100 palazzi storici che tengono viva la storia e la memoria del capoluogo siciliano, dove il figlio del boss vive. Ma ora c’è bisogno di più, ci vuole la novità, quasi un fatto estremo che sconvolga e dia di più al gitante americano che giunge in Sicilia.

Ci vuole la trasgressione. Come fenomeno sociale e di costume. Come se fosse lecito parlare e capire le ragioni del Male. Di gente che ha ucciso e fatto uccidere centinaia di persone. Un fenomeno da studiare e forse da “comprendere”.

 È un viaggio che vuole entrare nella Mafia. Come un fatto culturale, un dato di fatto, da discutere liberamente e senza censure. Come se fosse giusto delinquere e uccidere… perché in Italia si può!!!

Questa è la strana e pericolosa sensazione: in Italia si può! Perché la delinquenza è ormai quasi legalizzata.

E a parlarci di tutto ciò, sale in cattedra Angelo Provenzano, il figlio del boss. Ma prima che “il-non-magnifico-rettore” prenda la parola, c’è addirittura un’introduzione sulla storia della Mafia??!!

Come una storia della Mafia? Perché siamo dovuti a sapere il perché e il percome di questo fenomeno? Lo dobbiamo studiare come se fosse un fatto che ha a che fare con il nostro Rinascimento o Risorgimento?

 E dopo il preludio, entra in scena, anzi… in cattedra Angelo Provenzano, ora tocca a lui. Spiegare… senza pregiudizi(??!!) cos’è la sua vita, quella del padre e la storia della malavita organizzata in Sicilia.

 Chissà cosa avrà di così “didatticamente valido”, da dire ai turisti americani su suo padre, Bernardo ‘U Tratturi” (il trattore) per come falciava le vite dei suoi nemici.

 Forse Angelo Provenzano spiegherà, almeno quello, come fece suo padre a non farsi arrestare durante la sua latitanza durata 43 anni, latitanza trascorsa in aperta campagna a pochi chilometri da casa sua a Corleone…

 Forse si mimetizzò a volte come una quercia, un’altra come un traliccio dell’alta tensione, e un’altra come un carabiniere… che inseguiva se stesso.

 Ascoltiamo quale potrebbe essere la spiegazione fatta dal caro (per suo padre) Angelo fatta ai turisti americani:

 “Baciamo le mani, vossignoria, siete venuto fino a cca, pe separe come fece mio patre, pe sfuggire ai sbirri e agli omini di buttana dello Stato, aaah. Prima di tutto mi patre si sapeva scegliere le amicizie giuste, quelle sbagliate non ne aveva. Infatti quando gli presentavano quacche ominicchio non conosciuto da mi patre, subito isso, lo faceva buttare nella calce viva… meglio un amico morto, che un nemico vivo”.

 “Ma come”, potrebbe obiettare uno dei turisti americani presenti al seminario, “ucciso così, senza sapere nulla su quella persona?”

 “Cetto, mi patre agiva… sulla sfiducia. Pattiva da principio che era meglio stare lontano da nuove amicizie”.

 “Ma così rimaneva da solo, il boss di suo padre?”

 No, rimaneva solo con quelli che dalla calce viva ne uscivano… vivi. Solo omini duri. Gente che dai pilastri di calcestruzzo riusciva ad uscire da sola, senza farsi aiutare da nessuno”.

 “Ma come ha fatto suo padre a non farsi mai arrestare per tanti anni”, chiese un altro americano in vacanza in Sicilia.

 “Mi patre lo chiamavano anche Arsenio Lupino, si sapeva stravestire. Una volta si è travestuto dove si era rifugiato da… i Tre Re Magi. Quando i sbirri andarono a pigliarlo pecchè quacchè quaquaraquà aveva pallato, mi patre si fece trovare con l’oro, incenso e mirra”.

 I carabinieri dissero: “Feimmo, Beinnardo, alza le mani”.

 Mi patre non si fece intimorire rispose: “Non sono Beinnardo, sono Baldassarre, e ho pottato l’incenso”.

 “E dove stanno gli altri due re magi”, chiesero i carabinieri.

 “Stanno pottando i miei… pizzini ai pastori, che ancora non si vedono. Eppure Natale è arrivato. Sti pastori sempe in ritardo, una colonna di calcestruzzo non gliela leva nessuno, soprattutto al pastorello che dorme sempre”.

 “Se è così, allora ritorniamo dopo, quando ci sono anche gli altri due Re Magi. Vogliamo essere sicuri di prendere… il vero Provenzano”, dissero i carabinieri prima di andare via.

 “A proposito dei pizzini… suo padre come faceva a non farli intercettare dalla polizia”, chiese un altro turista che voleva aprire una scuola di… “piccioni-viaggiatori-umani” in America.

 “Dovete sapere che mi patre i pizzini non li metteva in mano ai suoi picciotti, aaaah, ma li metteva dove nessuno si sognava di andare a vedere, a indagare, a scovare, a investigare. Capito dove?”, interrogò gli americani, Angelo il figlio del boss.

 “Dove, dove”, chiesero i gitanti statunitensi.

 “I pizzini mi patre li metteva… nei clisteri dei suoi picciotti ammalati, e questi li metteva nelle ambulanze, e queste le metteva nei carri botti dell’acqua potabile che la mafia gestiva durante la stagione estiva”.

 “Che organizzazione perfetta”, disse uno dei turisti d’oltreoceano in gita… distruzione in Sicilia.

 Finita la conferenza con gli americani in vacanza… “a Cosa e a Casa Nostra”; Angelo, il figlio di Provenzano passa per la cassa. Per incassare il dovuto pattuito con il tour operator di Boston, organizzatore di questo evento istruttivo-distruttivo della nosta terra.

 Quello che incassò il provetto operatore turistico, nonché già condannato per associazione mafiosa, non è dato sapere.

 Forse organizzerà un altro seminario dedicato agli svizzeri: solo a loro potrà rivelare la somma pattuita con gli americani.

 In Svizzera i soldi si possono portare anche senza dire come e quando sono stati ottenuti… ma ancora per poco.

 Quindi, avanti un’altra comitiva che vuole capire come la cultura in Italia… stia evolvendo.                                                    

                                                                           

                                                                 Mario Ciro Ciavarella