Antonio Del Vecchio

San Marco in Lamis, sabato 11 marzo 2017 -  Gran galà di poesia, ieri sera, all’Auditorium del ‘Giannone’ di San Marco in Lamis, stracolmo come non mai di gente colta e motivata, proveniente da ogni dove. Tra l’altro, il poeta apricenese, Franco Ferrara. Protagonista assoluto: Luigi Ianzano (1975) giovane e pimpante poeta dialettale, nonché docente di diritto,  assurto nel giro di poco più di un  decennio ai massimi vertici nazionali, per aver trattato in modo nuovo, nonostante i limiti di comprensione della lingua madre,  i grandi temi dell’umanità.

 La sua ultima fatica, oggetto appunto della serata, s’intitola Spija n Gele, ossia scruta il Cielo, sia in senso fisico  sia dal punto religioso, di cui è impregnata la sua forma mentis, quale esponente di primo piano del terzo ordine francescano. Ma andiamo con ordine. A cominciare è stato Pierino Villani, autore pure lui di opere creative, specie in campo teatrale. Lo ha fatto a nome e per conto de La Putèca, l’associazione promotrice dell’evento odierno, sorta nel 2011, allo scopo di rilanciare il dialetto locale, attraverso la riscoperta del patrimonio del passato, e l’individuazione  di nuovi talenti, qual è appunto Ianzano.

Tutto questo,  per assicurarne la continuità della bellezza e sonorità della lingua materna, considerata non a torto un patrimonio immateriale da conservare e tramandare, perché racchiude in sé, a quanto c’è scritto in quarta di copertina“il suono della terra del parto…una lingua sacra, espressione viscerale dell’anima…”. Nel tenere il discorso il Villani si è avvalso di un filmato, evidenziando con l’immagine e la parola le principali tappe finora raggiunte dal sodalizio. Lo hanno seguito a ruota i principali protagonisti della conversazione, ossia  l’avvocato Antonio Daniele, in veste di intrattenitore  e l’autore che di volta in volta, stimolato dal primo, ha spiegato il contenuto di ciascuna composizione e le fonti ispiratrici.

A questi hanno tenuto coro, l’attore Luigi Caiafa, che ha declamato con espressività e padronanza linguistica, i componimenti prescelti, accompagnato al piano dal maestro Angelo Gualano.  La fine di ogni performance è stata salutata dal pubblico con scroscianti applausi, in segno di manifesta condiscendenza e godimento.  Nella trattazione della prima parte “Criscenza” (Luna Crescente), le poesie che hanno colpito di più il pubblico, per ragioni anche di ordine sentimentale, sono state “L’àngele rumeije” (L’Angelo romeo) ispirato al compianto Gabriele Tardio, seguito capo della ‘Cumpagnia’ dei pellegrini locali che ogni anno si reca a piedi a venerare l’Arcangelo in Montesantangelo e “Spija n Gele”, appunto la lirica che ha dato titolo all’opuscolo.

La stessa ha come  protagonista un ragazzo che guardando il cielo stellato si fa guidare dal padre terreno e nel contempo celeste nella descrizione e comprensione dei principali astri e della via lattea. Il resto del libro è occupato dal poema di tipo didascalico “Come ce mbizza la cèreva” (Come si porta la cerva).  A vent’anni, l’autore si fa avanti per la prima volta con “Taranda mannanneva”. Nel 2007 pubblica il citato libretto sulla ‘cerva’ e poi, nel 2011, la silloge “Fòchera ìmbétte mestecàte”. Di lui hanno parlato con entusiasmo, in veste di critici, Francesco Granatiero e Maria Antonietta Di Sabato.