Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, lunedì 27 maggio 2019 -  “Prima strofa - ritornello - seconda strofa - ritornello - assolo di chitarra”. Fino a pochi anni fa, questa era la sequenza di quasi tutte le canzoni. Si alternavano le strofe, normalmente due; poi due ritornelli uguali come testo, e per chiudere in bellezza c’era l’assolo di chitarra. Poche volte quello con il sassofono. Chitarra e sassofono li ascoltiamo insieme nel finale della bellissima “The Year of the cat” di Al Stewart.

 Ma da tanto tempo latita l’assolo di chitarra. Come mai?? Una ragione ben precisa forse non c’è, un motivo potrebbe essere che negli ultimi tempi le canzoni che si susseguono a tambur battente, soprattutto tra i giovani cantanti, sono quelle rap e hip hop. Dove la chitarra finale (e non solo quella) che deve fare il suo lavoro, non c’è.

 Quando si ascoltava, tempo fa, un nuovo brano musicale, si aspettava soprattutto il finale, per vedere come il chitarrista eseguiva gli ultimi secondi di quella canzone. E l’assolo di chitarra aumentava o diminuiva la bellezza del brano. Il bello dell’assolo, è che va bene sia nei pezzi rock che in quelli più lenti. Noto che la chitarra negli ultimi tempi viene “spalmata” lungo tutto il brano: non c’è più l’acuto di una volta.

 E spesso alcuni complessi hanno vissuto proprio sul lavoro quasi esclusivamente del chitarrista: vedi i “Dire Straits” con Mark Knopfler, i “Traffic” con Steve Winwood, “Yardbirds” con Eric Clapton, i “Santana” con Carlos Santana, ed altri. Quando da giovani si formavano i complessi musicali, quello che si cercava prima di tutti era il chitarrista: era lui che faceva la differenza. Il batterista faceva sempre quei 4-5 tempi diversi, il bassista non si vedeva e non si sentiva, il tastierista serviva per mettere il sottofondo e per dare un senso di continuità alla canzone. Ma il chitarrista era quello che attirava l’attenzione… dell’orecchio.  

 Lo si cercava disperatamente, e quando lo si perdeva era un dramma. Lo stesso dicasi per i gruppi folcloristici: oltre ai tamburelli che davano il ritmo ai brani, la chitarra era lo strumento principe, anche se in questo caso difficilmente c’erano gli assoli: normalmente si suonava con tutte le  “cinque dita”.

 Quando si cercava di imparare a suonare la chitarra, dopo il classico “giro di Do”, si cercava di suonare qualcosa, tipo: l’arpeggio di “Giochi proibiti” di Andres Segovia. Se si riusciva a fare quell’arpeggio, il passo successivo era l’assolo di “Europa” di Santana. Spesso si ascoltavano canzoni solo per sentire il chitarrista alla fine: così succedeva per il  sottoscritto, per ascoltare gli assoli di “Parsifal” e “Solo cari ricordi” entrambe dei Pooh, aspettavo pazientemente la fine dei due brani, per poi immaginare di suonare la chitarra come Dody Battaglia. “Potevi mettere il disco avanti fino all’assolo”, e no: i dischi li ascoltavo al  mangiadischi, quello arancione della “Geloso”.

 

E noi stiamo qui pazientemente in attesa di novelli chitarristi, che ci suonino qualcosa che somigli alla tracklist di cui sotto…

 

- “Stairway To Heaven” - Jimmy Page/Led Zeppelin

-  “Comfortably Numb” - David Gilmour/ Pink Floyd

-  “Hotel California” - Don Felder and Joe Walsh/Eagles

-  “All Along The Watchtower” - Jimi Hendrix/The Jimi Hendrix Experience

 

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio