Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, venerdì 12 febbraio 2016 -  Meglio tardi che mai! Rimediata la festa del Carnevale in maschera, a Rignano Garganico. La si farà sabato 12 febbraio, contestualmente alla ricorrenza della “Pentolaccia” o “rompi pignata”, che dir si voglia, di cui si dirà più avanti. A proporci l’iniziativa, questa volta, non è la scuola o la solita associazione “fai da te”, ma addirittura l’Amministrazione Comunale – Assessorato alle Politiche Sociali, diretta dal Sindaco Vito Di Carlo, con la collaborazione di educatori e catechisti dell’A.C.R della locale Parrocchia “Maria SS. Assunta”, capeggiata dal dinamico don Nazareno Galullo. Ecco il programma.

 La manifestazione avrà inizio, alle ore 17.00 in punto, con raduno e partenza delle “maschere” dall’ampia Piazza San Rocco. Quindi, la sfilata procederà per il corso principale (Via Roma) e concludersi presso l’oratorio del Carmine in Via Portagrande. Qui (ma non è detto in manifesto) con ogni probabilità la festa proseguirà con il tradizionale gioco della “Pentolaccia”, assai caro ai bambini di un tempo, perché costituiva l’occasione propizia di rimpinzarsi a buon mercato di ogni sorta di dolciumi, a cominciare dalle mandorle “atterrate” (a torrone, cioè tornite di zucchero o cioccolato) e dalle immancabili caramelle. Un’usanza, quest’ultima, un tempo assai diffusa in paese. La domenica successiva al Carnevale, detto appunto “carnevalicchio”, dopo aver pranzato, ci si riuniva presso l’abitazione dell’amico di turno, dove era già stata approntata qualche usurata “pignata” di creta.

Si tratta di quella che si usava normalmente per cuocere i fagioli o altri legumi, alimento proteico indispensabile nella dieta giornaliera del popolo, del tutto priva di carne. Ci si bendava a turno. All’ insaputa dei partecipanti il conduttore o la conduttrice del gioco ci faceva perdere l’orientamento, segnalando di tanto in tanto la sua presenza con il rintocco del recipiente sul pavimento. Il “bendato”, avvertito il suono bacato, provava a dare “mazzate” (spesso si usava qualche manico di scopa o bastone) in quella direzione. Di solito colpiva a vuoto, perché l’oggetto veniva prontamente sposato in altro luogo della stanza. Dopo l’ennesimo tentativo, finalmente qualcuno dei partecipanti riusciva. La “pignata” si rompeva e tra i cocci emergevano le leccornie sopraccitate frammiste a qualche cento lira e più spesso da ceci e fave arrostite. Nonostante il contenuto fosse assegnato a chi rompeva l’involucro, spesso lo si consumava in compagnia dei presenti. Il tutto perdurava fino a tarda ora. Dopo di che si tornava a casa felici e contenti per aver trascorso una serata diversa dalle altre : i piccoli semi-addormentati tra le braccia dei nonni e gli adulti con i piedi indolenziti per via delle innumerevoli danze sostenute.