a cura di Nicola M. Spagnoli

Roma, venerdì 15 maggio 2020 - Molti si chiederanno chi è Anthony Edwin Phillips e chi Peter Cross, bene! Iniziamo dal primo. Chitarrista e cantante, in arte si fa chiamare senza il secondo nome ovvero semplicemente Anthony Phillips ed  così che è conosciuto, poco in verità, in campo rock (specie quello progressive ci tengo a precisare) ma più per aver fatto parte dei Genesis fino al 1970 esattamente in From Genesis to Revelation e nel capolavoro Trespass ma che subito dopo, si dice, colto da fobia del palco o più verosimilmente per divergenze con Peter Gabriel, vallacapì, preferì abbandonare il gruppo.

Quindi, anche per la popolarità del gruppo in Italia, all’epoca del non eccessivo successo iniziale, da noi comunque finì per essere abbastanza ignorato nonostante le sue innumerevoli partecipazioni successive a importanti dischi di altri e alla sua non indifferente discografia personale da molti ritenuta di gran pregio se non un’eccellenza. Da Nursey Crime dei Genesis fu quindi sostituito dal non meno importante e oggi molto più noto Steve Hackett poiché la sua indole e i suoi gusti andavano, come dicevamo, in una direzione decisamente diversa da quella del gruppo di cui era co-fondatore e ciò è dimostrato dal fatto che, in primis appena libero, il buon Phillips si dedicò ad un serio studio della musica, quella  classica in particolare fino alla  elaborazione di un primo disco, il medievaleggiante The Geese & the Ghost (foto 1, cofanetto successivo) che si rivelò un vero capolavoro ma, al contempo, anche un disastro commerciale.

Un lavoro realizzato anche con il supporto di Mike Rutherford e dello stranoto, ma non già da allora, Phil Collins, che vide la luce solo nel 1977 in quanto la casa discografica lo ritenne, in epoca ormai punk, decisamente non in linea con i tempi. C’è da sottolineare inoltre la collaborazione, fin dal 1970, con il musicista sperimentatore Harry Williamson per la colonna sonora  del film tratto da Tarka the Otter il best seller letterario del padre di questi, Henry Williamson. Questa collaborazione v’è da dire che contribuì tantissimo alla nascita di questo primo disco che poi sfociò in un sodalizio con Williamson, sodalizio che si protrasse anche nelle importanti incisioni successive di Phillips, quelle di tipo sperimentale soprattutto. Difatti sia i dischi di fine anni ‘70 come Private Parts & Pieces (foto 2, sempre cofanetto successivo) e Private Parts & Pieces II  che accompagnarono l’uscita del terzo album ufficiale e commerciale perfino nella copertina più arte Pop ovvero Sides (foto 3). Qua’ultimo fu confezionato apposta, dopo il comunque deludente impatto del secondo disco Wise After The Event (foto 4, idem), per tentare la conquista delle classifiche e una certa notorietà l’ebbe.

Successivamente tornò alle cose serie con Antiques ovvero il terzo capitolo di Private Parts poi con Twelve (in occhiello), nonchè con England ovvero Private Parts & Pieces n.8, una serie che pare non debba aver fine (siamo a dieci, per ora!). Nella vasta produzione di Phillips accenniamo soltanto a quelli suddetti perché l’artwork appartiene all’altro protagonista di questo articoletto ovvero all’illustratore inglese Peter Cross classe 1951 (Foto 5, cofanetto Private collection) che tuttora si prodiga illustrando locandine pubblicitarie un pò in tutto il mondo,  copertine di libri, ed anche biglietti d’ auguri fra cui quelli della famosa serie di Gordon Fraser. Il suo stile si rifà un pò alla grafica del Durer o di altri artisti rinascimentali del centro Europa e tratta prevalentemente in chiave surrealistica la fauna selvatica di terra d’Albione intramezzando i disegni con personaggi pseudo infantili, quasi da cartone animato come avevano fatto i Beatles con Yellow Submarine mantenendo però sempre un certo fascino d’altri tempi.. Tornando al disco non possiamo non ricordare alcuni brani come le efficaci interpretazioni di Phil Collins fra cui la struggente Wich Way The Wind Blows e, a base di violini, violoncelli, oboi, flauti, etc. l'avvincente Henry:Portraits from Tudor Times e il brano che chiude l'album, la malinconica Sleepfall: the Geese Fly West.

 

                                                                               Nicola Maria Spagnoli

 

 

Foto 1

 

 

Foto2

 

 

Foto 3

 

 

Foto 4

 

 

Foto 5