Nicola M. Spagnoli

Roma, domenica 26 dicembre 2021 -  Per la loro propensione depressiva nel modo di suonare e di cantare (il cantante leader, suicida appena ventitreenne, non vide nemmeno completato il loro secondo album e quindi per i giovani post punk degli anni ’80 finì doverosamente fra i miti generazionali alla stregua di Jim Morrison, Hendrix, Joplin etc.), i Joy Division catturarono fin dal primo lavoro l’attenzione di una generazione che oggi viene definita apocalittica.

Innanzitutto fecero breccia per il nome scelto che fa riferimento a quel reparto dei campi di sterminio nazisti dove gerarchi e collaborazionisti si divertivano con le prigioniere e poi per i testi, quasi sempre angoscianti seppur poetici (Ian Curtis era anche un poeta!) e per il look decisamente… catacombale. Lo stile musicale era ancora di ispirazione punk ma già si parlava di new wave, Curtis inoltre amava i Can e i Neu nonché i Kraftwerk e poi Lou Reed e i Velvet Underground senza dimenticare il decadente David Bowie della trilogia berlinese. Difatti il primo nome del gruppo, Warszaw, era ispirato proprio al brano Warszava, il vertice epico e  funereo dell’album Low, uno dei migliori del dandy inglese in cui aveva iniziato la collaborazione con Brian Eno culminata nel successivo capolavoro Heroes.

Il debutto, nel 1979, di Unknown Pleasure (foto 1) la cui copertina ancor oggi spopola sui gadget, sulle t-shirt (ne ho anch’io!) e in ogni dove, deve la sua popolarità ad un grafico che divenne famoso proprio grazie a loro e a quella immagine in bianco e nero che ben rappresentava il contenuto dell’album: Peter Saville. Il nostro era ossessionato dalle idee e dallo stile minimalista dello scrittore-grafico svizzero Ian Tschichold, colui che aveva addirittura scritto il saggio Die Neue Typographie per la prima mostra del movimento artistico Bauhaus per cui il primo lavoro importante fu proprio, coincidenze fatali, per la copertina e per il lancio inglese nel 1974, del disco Autobahn dei già celebri in continente Kraftwerk (foto 2), anche se poi in Europa l’album ebbe una grafica più fumettistica e figurativa.

Il primo disco dei Joy certamente consacrò Saville a livello internazionale anche se l’idea originale era di un altro membro del gruppo, il chitarrista Bernard Sumner, idea derivata da una rappresentazione delle onde radio dalla pulsar CP 1919 presa direttamente da The Cambridge Encyclopaedia of Astronomy. Per il secondo album del gruppo, postumo come dicevamo, l’immagine non poteva essere che funerea (foto 3), su fondo bianco, del bassorilievo della tomba della famiglia Appiani posta nel cimitero, alquanto kitsch e monumentale, di Staglieno a Genova, scultura di inizio novecento (foto 4). Anche nel singolo, quello più di successo ed anche questo postumo del gruppo, Love Will Tear Us Apart, fu utilizzata una immagine simile, un particolare scultoreo sempre da Staglieno (foto 5) anche se successivamente quando il gruppo si trasformò, senza Curtis, in New Order con uno stile più vicino al syntpop e che ebbe lunga vita con una ventina, circa, di album pubblicati, per la maggior parte le copertine elaborate da Saville a partire dal primo  nel 1981, ebbero una svolta.

Fra le più famose qui ricorderemo il singolo Blue Monday con una semplice, epocale, grafica (foto 6) derivata da un floppy disc. La prima edizione è del 1983 poi fu ristampato nell’86 con grafica astratta ispirata a Mondrian (foto 7) così pure il debutto, con grafica essenziale, in LP (foto 8) fino ad arrivare a quelle, decisamente postmoderne visto il contenuto, degli album successivi Power corruption & lie dell’83 (foto 9) e Tecnique dell’ 89 (foto 10). Incisive la copertina romantica per i Roxy Music (Flash + Body) e soprattutto quelle, di nuovo minimaliste, per il gruppo  Orchestral Manouvres in the Dark  (foto 10, 11 ), nonché quelle, specie per la prima edizione, dell’ album di successo di Eno e David Byrne (foto 12).

 

                                                                                                                             Nicola Maria Spagnoli

 

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