a cura di Nicola M. Spagnoli

Roma, lunedì 13 marzo 2023 -  Nel rock e non solo in quell’ambito specifico, sia gli artisti che i grafici a cui essi si sono rivolti spesso e volentieri hanno usato immagini ributtanti o comunque mostruose per attirare l’attenzione del fruitore di vinili, certamente tenendo presente il mondo dell’arte specie quella pre-rinascimentale ancora legata ad immagini medievali ma anche quella del ‘900 più espressionista.

Da cosa possiamo iniziare come riferimenti storici, dalla Medusa di Caravaggio solo per il fatto che aveva la chioma serpentina o dai mostri visionari di Hieronimus Bosch o di Pieter Brueghel, senza dimenticare le facce grottesche di Durer e Grunewald o di una schiera di fiamminghi minori dai ritratti arcani come  Frans Floris, Jean Mandyn e De Momper? No, qui vogliamo citare e sottolineare soprattutto la pittura fantastica e grottesca di un connazionale: Giuseppe Arcimboldo (born in Milan 1527!) il pittore dalle facce umane ricavate da miscugli di animali (foto 1) o di frutta e verdura perché proprio a queste opere si ispirò la copertina di un disco fondamentale del progressive italiano, per giunta molto discusso per l’immagine ambigua, ovvero Zarathustra, unica uscita dei Museo Rosenbach (foto 2) che constatate le polemiche e l’insuccesso subito, si sciolsero. Altro animale (cernia?) per un doppio storico pietra miliare del rock (anzi per alcuni il top dei top del rock!) l’indigeribile Trout Mask Replica (foto 3) di Captain Beefheart, diventato però famoso non per questo suo capolavoro bensì per le collaborazioni con Zappa (Hot Rats in primis) e per la sua carriera successiva di pittore intrapresa con il suo vero nome ovvero Don Van Vliet.

Per continuare come dimenticare Francisco Josè de Goya y Lucientes (semplicemente il Goya) che non pochi mostri dipinse (foto 4) e a cui potremmo associare i nostri E. A. Poe di Generazioni (foto 5), sempre progressive anni 70 e poi i più recenti, ma internazionali, Radiohead di Amnesiac (foto 6). Continuando con il rock nostrano come non citare la prima opera solista dell’allora, non ancora orientaleggiante e minimalista, Paolo Tofani che con un nome che era tutto un programma, Electric Frankenstein, diede alle stampe What Me Worry? (foto in occhiello). Nome poi fatto proprio nel punk da una band americana (foto 7). La creatura è raffigurata anche su Event 76 degli Area (foto 8) che non si tirarono indietro da questo tipo di raffigurazioni fin dal loro luminosissimo esordio con gli inquietanti manichini di Arbeith Macht Frei (foto 9) fino a Maledetti (foto 10). Mostri ne troviamo anche soltanto nel titolo come in Arrivederci mostro di Ligabue ma naturalmente anche raffigurati come in Lucifer’s friend (foto 11)  , l’esordio del 70 di una band tedesca very cult a cui potremmo associare anche, ma di 8 anni dopo e solo come immagine, il doppio Parkerilla dell’inglese Graham Parker (foto 12).

I mistici Popol Vuh di Florian Fricke certo con colonne sonore tipo Il Cobra Verde o Nosferatu (foto 13) non potevano optare come in tutti gli altri casi con immagini eteree come del resto non fece in pittura l’ugualmente delicatissimo Odilon Redon dovendo raffigurare il ciclope (foto 14). Abbastanza mortifero, come in certi Dalì (foto 15) ci sembra l’ottimo Sssh! (foto 16) dei mitici Ten Years After del compianto Alvin Lee forse però ripreso da un quadro, fra i pochi di figure, di Hundertwasser, oppure ispirato da uno dei tanti Innocenzo X di Francis Bacon ( foto 17) o dallo stesso arcinoto Urlo di Edward Munch. In Italia hanno fatto certamente scuola le numerose creazioni di Mauro Balletti soprattutto per Mina dimostrando oltretutto anche la grande autoironia della cantante e ne citiamo una per tutte ovvero Attila (foto 18) paragonabile, se così si può azzardare e Balletti ci perdoni, ad alcune figure di Karl Korab (foto 19) nonchè al realistico surrealismo di Frida Kahlo (foto 20). Nell’Hard rock è inutile citare, per troppa notorietà, le copertine degli Iron Maiden o di Ozzy Osburne o  dei Kiss o il mostro cane/uomo di David Bowie, citiamo soltanto il più contemporaneo dei nostri rapper ovvero chi ha scelto Mostro proprio come nome (foto 21) che ci rinverdisce nella memoria, per le sue copertine a tema, il ricordo di Antonius Rex alias Jacula.         

             

                                                              Nicola Maria Spagnoli

 

 

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