Antonio Del Vecchio

San Marco in Lamis, domenica 30 aprile 2017 -  Affinità  tra dialetto romanesco e quello di San Marco in Lamis e in generale del Gargano. Lo è non tanto nella fonetica quanto nel lessico, nei modi di dire e nei proverbi. E’ quanto è scaturito nella lunga, chiara ed articolata, ‘conversazione’ sul tema”Il dialetto del Belli e il dialetto di San Marco in Lamis. Curiosità”. La stessa si è  tenutasi ieri sera, 28 aprile,  nell’Auditorium della Biblioteca Comunale ad opera di Cosma Siani, docente presso l’Università “Tor Vergata” di Roma. A promuovere l’incontro è stata la Fondazione Soccio, unitamente all’Ente locale.

 Non a caso ad introdurre l’illustre intervenuto è stato il presidente del sodalizio Michele Galante, emerito parlamentare e sindaco per due volte del centro garganico. Nel farlo ha richiamato l’attenzione dell’interlocutore sulla nuova ed intensa stagione poetica che il paese sta vivendo, grazie a nuovi e giovani autori, quali Luigi Ianzano e tanti altri, che hanno riscoperto il piacere-valore del raccontare in versi dialettali tutto ciò che interessa ed emoziona. Il raffronto – confronto più vicino, il relatore lo ha trovato in Giuseppe Gioachino Belli, prolifico poeta e prosatore della prima metà dell’800, che ha stupito i suoi contemporanei col suo linguaggio schietto e popolare e la rappresentazione realistichica della società del suo tempo. La pietra di paragone l’ha trovata nei sonetti in lingua.

In tutto ne sono 2279. Altrettanto la produzione italiana. Tra le ‘curiosità’ riscontrate di affinità linguistica, ci sarebbe persino una ricetta piuttosta conosciuta e praticata in tutto il Gargano, come quella delle ‘mandorle atterràte’ (mandorle tostate con lo zucchero il cioccolato fondente ) , della ‘purcacchia’ (erba grassa per insalata); modi di dire come “chi te lenga va in Sardegna”,ecc. Tutto questo farebbe pensare, secondo il relatore, ad una comunanza lessicale che si estenderebbe dal Nord della Calabria, comprendente l’intera Puglia, la Basilicata, la Campania,  il Molise, l’Abruzzo e il basso Lazio. Al realismo belliano del racconto poetico fa eco quello sanmarchese, specie in autori, come Francesco Paolo Borazio, di cui si apprezza la satira anti-sistema, l’umorismo e talvolta la contestazione e il lazzo. Altrettanto dimostrativa sarebbe pure la produzione poetica dialettale  di Joseph Tusiani, dove l’umorismo è sottilmente avvertito.

Altra vicinanza tra Belli e dialetto sammarchese  la si riscontrerebbe persino in Francesco Saverio Napolitano , vissuto negli anni ’40.  Come pure risultano consoni taluni aspetti della lingua e mentalità popolare sammarchese ben rappresentati nel dizionare sul tema dello stesso Galante. La ‘chiacchierata’ ha coinvolto in una certa misura anche la platea, selezionata ed attenta. C’era tutta la San Marco ‘bene’ della cultura, a cominciare dagli emeriti dirigenti scolastici e scrittori, Raffaele ed Antonio Cera, il saggista e letterato Antonio Motta, Armando Gravina,  le scrittrici Grazia Galante, Maria Schiena, Felicia Tancredi, il già citato e giovane poeta Ianzano, salito in  cattedra a dire la sua e a complimentarsi con il relatore odierno. C’erano pure gli amministratori comunali, compresi il sindaco Michele Merla e il suo vice Angelo Ianzano.