Antonio Del Vecchio

Gargano, venerdì 6 gennaio 2017 -  Il Gargano, terra di lupi? Pare proprio di sì. Se ne avvistano in ogni dove. Non più da soli o in coppia, ma talvolta anche in branco. E questo non solo  nella Foresta Umbra, dove anni tempo addietro furono immesse alcune coppie di ripopolamento, come pure cinghiali ed altre specie di animali selvatici in via di estinzione, ma  anche nei pressi di città ricche e popolose, come per esempio San Giovanni Rotondo.

 

A segnalarci alcuni avvistamenti casuali, ma non troppo, è stato Giuseppe, pastore di professione che vive e lavora  assieme alla propria famiglia presso una delle microscopiche aziende che circondano Pantano, l’ex e prosciugato lago di Sant’Egidio,  a pochi chilometri dal paese. L’ho incontrato per caso in un pubblico ufficio, dove stavamo risolvendo alcune pratiche. Sollecitato dalle mie domande curiose, cominciò subito il suo racconto sui lupi. In precedenza qualche accenno al riguardo me lo avevano segnalato alcuni cacciatori di un paese vicino, dicendomi che avevano scorto nei boschi dei dintorni, non solo innumerevoli cinghiali, ma anche qualche lupo.

Non ci feci caso, anche perché di racconti similari in quei giorni  ne avevo ascoltato a bizzeffe. Per lo più si rivelavano puntualmente delle balle, utili per scoraggiare i cercatori di funghi (nrd. chi scrive) e riservare la ricerca tutto per loro.   “La settimana scorsa- ci dice Giuseppe – ne ho visto uno che si aggirava sulle pendici di Monte Calvo. In un primo momento lo avevo scambiato con un cane-lupo, abbandonato dal padrone e diventato randagio, come tanti altri di piccola e grossa taglia che si incontrano nelle nostre campagne.  A poco a poco mi stavo avvicinando a lui, con il pensiero di catturarlo e semmai di usarlo come animale da guardia. Cominciò ad ululare. Allora capii che mi trovavo di fronte ad un lupo vero e mi allontanai di corsa sorretto e confortato nel contempo dal mio nodoso bastone che in casi estremi poteva servirmi anche come arma di difesa.

Mi giravo di tanto in tanto, per controllare con la coda dell’occhio se mi seguisse o meno, ma dell’animale non c’era ombra. Raggiunto il mio gregge e assicuratomi della sua consistenza. Mi tranquillizzai, passando ad altre faccende. Tornato all’ovile, la notte seguente pensai bene di lasciare accesi il fuoco nel camino e la lampadina elettrica, rammentando che il chiarore spaventa i lupi e li tiene lontani”. Infervorato dal suo stesso racconto, il nostro interlocutore rincarò la dose del suo realismo, informandoci che qualche giorno dopo in un altro pascolo vicino aveva addirittura scorto una grossa e grassa lupa, scortata da una numerosa cucciolata. Anche in questo caso, oltre alle dimensioni e fattura delle fauci, è stato l’ululato a convincerlo.  “Aveva le mammelle gonfie – aggiunge Giuseppe – e procedeva  con un’andatura a passo lento”. 

Insomma, il lupo, quello vero, è tornato ad abitare in maniera consistente e stanziale il Promontorio, permettendo così al Parco, istituito nel 1995, di esercitare  la sua funzione, favorendo così non solo la ricostituzione di habitat idonei per la riproduzione di specie animali, ma di mantenere in giusto equilibrio la catena alimentare preda- predatore. C’è di più. Il freddo, come quello di questi giorni,  solleciterebbe questi animali a seguire l’esempio delle volpi che si avventurano spesso  fino ai cassonetti dell’immondizia, situati nelle periferie, per rovistarci dentro e trovare il vitto necessario per la loro sussistenza.